Forse non tutti sanno che il metodo scientifico proposto e messo in pratica da Galilei nacque molti secoli prima della nascita del fisico toscano.
Molti filosofi già nell’era antica hanno mostrato molto spirito d’osservazione rispetto ai fenomeni naturali, vedasi Aristostele (uno dei precursori della meteorologia) e Tolomeo: i problemi principali di cui si parlava riguardavano l’aria atmosferica e i suoi fenomeni, la pesantezza, il terrore per il vuoto, la sua presenza e la continuità agli antipodi (ciò faceva già presupporre che la terra fosse sferica e non piatta), i climi e temperature in funzione della latitudine.
L’agricoltura era fondamentale per le popolazioni dell’epoca, tanto che molte piante e alberi venivano divinizzati e venivano dedicate loro parecchie feste. Tutto ciò successivamente andò in contrasto con le ideologie cristiane e alcuni ipotizzano oggi che la stessa Chiesa creò un’avversione nei riguardi dell’ecologia per questi motivi.
Tuttavia questa ipotesi è in contrasto con molti fatti: è risaputo che molti ordini religiosi che privilegiavano l’isolamento e l’autosostentamento stabilivano i propri conventi e monasteri in zone boscose o di campagna; in questo modo migliorarono notevolmente le proprie tecniche agricole e poterono migliorare le osservazioni dei fenomeni atmosferici, utili per organizzare i raccolti.
La “coscienza ecologica” si rafforzò notevolmente con Agostino (De Genesi ad literam, La musica) e non sorprende il fatto che venga considerato oggi dal mondo scientifico uno dei più antichi scienziati: “tutte e cose sono state prodotte nell’ordine del loro essere da un principio-uno e, come per legge di entropia, sono unite tra di loro in modo che siano uno, ma uno generato da tanti uno particolari“. Un segno della sua “nuova mentalità scientifica” si nota quando parla della credenza secolare secondo la quale le cavalle del Portogallo venissero fecondate direttamente dai forti venti atlantici: “chi volesse accertarsi della verità della cosa potrebbe andare sul posto per vedere se il acconto è vero“; “Dio ha stabilito agli essere da lui creati l’inizio e il termine dell’esistere e del divenire… ha concesso all’intelligenza il progresso della scienza nelle varie discipline, per il miglioramento della vita e della stessa natura ambientale…Il mondo non morrà di vecchiaia, ma per complicazione di situazione di cose…” (De Civitate Dei).
Altri filosofi degni di essere chiamati “scienziati” furono Giovanni Filopono di Alessandria per la dottrina sui proiettili (”teoria dell’impeto”), Alessandrino Olimpiodoro per lo studio sulla rifrazione dell’arcobaleno, il Venerabile Beda per degli scritti sull’atmosfera e climatologia (”De Temporarum Ratione“).
Tutti vissero nel periodo dell’Alto Medio Evo, il che fa pensare che quel periodo di mezzo tra era antica ed era moderna non doveva essere tanto “buio” come molti storici vogliono far pensare. Anzi, forse sarebbe meglio dare uno sguardo anche nel medio oriente, dove la cultura islamica si è resa protagonista di rivoluzioni scientifiche che hanno influenzato la cultura occidentale, in quel periodo pressocchè statica.
Il primo mulino a vento (nato in Afganistan) ha avuto un ruolo particolare per la meteorologia medievale: anche se diverso dagli attuali mulini, questo macchinario nacque per sfruttare la violenza del “vento dei 120 giorni” nella regione sud occidentale del paese (presso Seistan), dove scarseggiava l’acqua ma veniva prodotto molto frumento. Questo sistema a rotore con asse verticale fu successivamente diffuso in Occidente e se ne possono vedere ancora oggi alcuni sul versante orientale dell’Etna.
Da ricordare è l’arabo persiano Omar Khayya’M, il quale, famoso per le sue conoscienze meteorologiche, fu interpellato dal suo re per una previsione del tempo di ben cinque giorni, volendo organizzare una battuta di caccia: il primo giorno si ebbe molta pioggia ma il “meteorologo” ebbe ragione perchè si ebbero subito dopo quattro giorni di bel tempo!
Altri in medio oriente si misero in mostra: Al Biruni studio la luminosità del cielo e calcolò i diversi spessori dell’atmosfera; Al Muquaddasi fu il precursore di tutti i climatologi moderni (già nel 988 d.C) in quanto migliorò il concetto di clima, ovvero il clima non doveva essere solo funzione della latitudine ma anche dei fattori geografici e meteorologici locali.
Le loro idee iniziarono a diffondersi in Occidente ma i filosofi e “scienziati” cristiani con le loro nuove concezioni non erano da meno. Bisogna ricordare Alberto Magno, domenicano e considerato il “Dottore Universale”: divenne famosa la sua frase “experimentum solum certificat” e il suo metodo filosofico che si basava su esperimenti e sul metodo induttivo, escludendo del tutto le affermazioni altrui. Scrive anche De Coelo et Mundo e Libri IV Meteorum, dove vi sono moltissime nozioni di meteorologia e climatologie apprese durante i suoi viaggi a piedi.
Come possiamo notare, la rivoluzione filosofica scientifica non si ebbe all’improvviso dal XVII secolo ma ebbe un processo di crescita abbastanza solido nei secoli del Medio Evo, nel quale le conoscenze di meteorologia e di climatologia poterono scoprire una terra fertile dove poter crescere.