Avevo promesso in un post precedente di analizzare meglio il comportamento dell’indice NAO, non tanto per puro “divertimento” ma tanto per poter capire se ci fosse qualche possibilità di prevederne l’andamento.
Ricorriamo in questa discussione all’analisi tramite la trasformata di Fourier. In breve, questo metodo può essere utilizzato per scoprire da quali frequenze è caratterizzato un segnale, dato che teoricamente è possibile sempre ricostruirlo tramite la somma di seni e coseni che nell’argomento presentano una pulsazione e una fase.
Quali sono le frequenze che caratterizzano l’indice NAO?
Abbiamo preso i dati dal sito della NOAA, in particolare i valori mensili dal 1951 al 2003. L’andamento generale è quindi rappresentato nella seguente figura (clicca per aprire)
Come si può notare, è un segnale altamente oscillante e a occhio è difficile poter dire qualcosa. Tuttavia è ben evidente che non vi è alcun trend (naturalmente ho anche controllato matematicamente). Qualche informazione di più si può estrapolare dal correlogramma
La prima cosa da fare è notare quando il grafico interseca per la prima volta l’asse delle ascisse (quello orizzontale) per i valori positivi del tempo, misurato in mesi. Nel nostro caso subito dopo qualche mese: ciò significa che il segnale è scorrelato da se stesso per valori superiori a 4-5 mesi. Inoltre non ci sono particolari comportamenti che si possono evincere dal grafico e i valori si mantengono sotto due assi orizzontali immaginari (y=0.2 e y= -0.2) che delimitano la zona di “rumore”, ovvero il segnale è molto … “disturbato” da vari fenomeni.
Entriamo nel vivo dell’analisi tramite Fourier. Nella prossima figura si può analizzare il periodogramma con sovrapposto lo spettro di frequenza, effettuato tramite metodo di Welch
Vi sono molti “picchi” da studiare (anche se può dipendere anche dal modo in cui si utilizza il metodo di Welch) e quindi bisognerà fare delle scelte circa le frequenze che possono essere considerate e quelle che possono essere tralasciate o attribuite a fenomeni noti. Sull’asse delle ascisse si noterà che la frequenza è adimensionale (naturalmente) ed è doverosa, perciò, una trasformazione da frequenza a periodi di tempo (nei prossimi due grafici).
Nella penultima figura vi è il grafico completo, mentre nella seconda uno zoom nella zona più rilevante. Rilevante perchè? Giusto chiederselo. Riteniamo che sia più rilevante un valore sul grafico che riesca a superare gran parte di tutti gli altri valori; questo perchè le barre del grafico rappresentano la potenza con cui si manifesta il segnale con quel periodo (o frequenza nel grafico dello spettro): più la frequenza è “potente” più riuscirà a modellare il comportamento del segnale totale.
Fatta questa piccola premessa, dal grafico zoommato possiamo notare che vi sono alcuni periodi particolari. Innanzitutto quello di 22 anni che potrebbe farci ricordare il ciclo solare, ergo potremmo ipotizzare una qualche interazione; notiamo un bel picco anche a 5 anni, ricordando che il Nino ha un oscillazione tipica che va dai 4 ai 7 anni; altri picchi di rilievo, forse i più importanti, si trovano a circa un anno e mezzo e due anni e mezzo.
Sia chiaro che questa è una tecnica per poter iniziare o migliorare un’indagine statistica sulle possibili cause che portano a determinati effetti: infatti, date le suddette ipotesi dovremmo prendere i dati dei fenomeni a cui vogliamo attribuire una causa e cercare le eventuali correlazioni, in particolar modo con tecniche di correlazione di Pearson o magari con le reti neurali. Inoltre va detto, per onestà scientifica e matematica, che sebbene si conoscano le frequenze “principali” e nel caso ve ne fosse più di una (come in questa analisi) il segnale sarà composto dalla somma delle onde di tutte le frequenze. Ciò fa comprendere quanto sia importante anche conoscere le fasi relative a ogni frequenza: le onde, infatti, possono benissimo sovrapporsi e quindi possono ingannevolmente nascondere alcune oscillazioni.
Non sappiamo, così su due piedi, a cosa poter attribuire quei cicli di 1.5 e 2.5 anni. Dovremmo comprendere meglio i meccanismi relativi all’indice NAO, ovvero qualcosa relativa alla fisica della circolazione in quella zona dell’Atlantico dove viene calcolato.
Sempre parlando di meccanismi, ritorniamo al penultimo grafico e guardiamo cosa è stato graficato all’estrema destra: un periodo di circa 70 anni. Questo dato forse è il più importante, sebbene energeticamente non tanto rilevante. Nel prossimo numero di InMeteo Magazine (in uscita a gennaio) parleremo apertamente di questo dato. Per ora basti pensare che questo ciclo è caratteristico dell’indice AMO (Atlantic Multidecadal Oscillation) e vi sono parecchi studi che confermano la connessione tra le temperature oceaniche dell’Atlantico e l’indice NAO. Se effettivamente la connessione tra AMO e NAO è forte allora è probabile che i cicli “misteriosi” prima citati possano essere in qualche modo legati alle oscillazioni mensili delle temperature atlantiche. In questo modo (forse) potremmo trovare una strada che possa portarci a prevedere l’andamento dell’indice NAO e quindi delle possibili ripercussioni meteorologiche sull’Europa.
Alla prossima puntata per un’analisi più approfondita!