di Francesco Vaccaro
L’Aquila 06/01/2011.
Sono alcuni anni che mi reco in Abruzzo a trascorrere alcuni giorni in compagnia della mia amata neve…
Maggiormente quest’anno ero in attesa che arrivasse gennaio per godermi le montagne abruzzesi, ma soprattutto per visitare l’Aquila, dopo il disastroso terremoto del 6/4/2009. Premetto che io avevo già visitato la città nel dicembre del 2008 pochi mesi prima del tragico evento.
Nelle prime ore della mattinata del 6/01, ho quindi percorso la strada che, da Ovindoli, paese a 30 km dal capoluogo, mi ha condotto all’Aquila. Il percorso è stato spettacolare, i monti incorniciavano il paesaggio ed anche i numerosi tornanti…
All’arrivo, dinnanzi a me, qualcosa di indescrivibile….
La distruzione spadroneggiava nell’aria, unitamente ad un silenzio “assordante”.
Potrei elencare i numerosi palazzi con crepe lunghe anche 4 piani, interi condomini puntellati con travi, quartieri interamente evacuati. Le strutture straziate erano persino piantonate 24 ore su 24 dall’esercito.
Dalla strada era possibile, vedere l’interno delle abitazioni, così come la gente le aveva frettolosamente lasciate quel 6 aprile… le stesse vie sembravano percorse da poche anime prive oramai, di lacrime da versare…
Ad un angolo di strada mi sono imbattuto in una coppia di mezza eta’, la donna mi ha guardato in viso e mi ha sussurrato: “beato te che non abiti qui”….mi hanno raccontato che erano dei sopravvissuti solo perche’ il muro della loro casa era caduto esternamente all’edificio. In caso contrario la morte avrebbe colto anche loro.
Alla mia domanda, il Governo cosa ha fatto per voi, mi hanno risposto con grande onestà che era stato fatto tanto per la sopravvivenza della gente (e non poteva essere diversamente), pero’ oggi ci troviamo difronte ad una comunita’ completamente disgregata; buona parte degli aquilani sono stati sparpagliati nei comuni circostanti al capoluogo. Così facendo i legami di parentela, affettivi e di amicizia, sono andati persi….e la comunita’ naturalmente ne ha risentito profondamente.
Nella piazza principale dell’Aquila si scorge il campanile della chiesa di San Bernardino distrutto parzialmente e ad oggi ancora puntellato.
Una miriade di messaggi di AIUTO lasciati dagli stessi aquilani lungo le strade e persino 309 piccoli lembi di stoffa legati ad un cancello, tanti quante sono state le vittime del terremoto.
Durante il mio percorso echeggiavano nella mia mente alcune domande: cosa ci sto a fare qui, cosa sto visitando, come se mi sentissi in colpa.
Sono andato via, consapevole del fatto che ci vorrà tempo per risollevare una citta’ così distrutta, ma sicuro che gli aquilani sono gente forte, proprio come le montagne che li circondano.
Francesco Vaccaro – Consigliere InMeteo