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La storia dell’atmosfera terrestre

5 Febbraio 2011, ore 20:16

La composizione dell’atmosfera come la conosciamo oggi (78% di azoto, 21% di ossigeno, 1% distribuito tra argon, CO2 e altri gas) non è stata sempre la medesima. Studiarne l’evoluzione, inoltre, è molto difficile in quanto non si hanno bassi livelli di errori sulle misurazioni relative allo stato antico della stessa e per molte “ere” vi sono soltanto teorie.

Qual è stata allora la lunga storia dell’atmosfera?

Partiamo dall’origine, circa 5 miliardi di anni fa. Dando uno sguardo alla composizione e all’atmosfera dei pianeti del sistema solare ci accorgiamo che è possibile dividerli in due gruppi: tellurici, a cui appartengono Mercurio, Venere, la Terra e Marte, e giganti gassosi, a cui appartengono i restanti Giove, Saturno, Nettuno e Urano (tralasciamo Plutone, considerato pianeta nano). La teoria di formazione dei pianeti più accreditata è quella che considera, oltre alla nebulosa solare, la presenza iniziale di agglomerati di gas misti (in particolare H ed He), i quali si sono concentrati per attrazione gravitazionale formando i planetesimi; raggiunto un punto critico di accescimento si poteva intravedere un nucleo con una certa composizione.

Le prime teorie ipotizzavano che le composizioni delle attuali atmosfere debbano avere abbondanze simili a quelle solari, dato che pianeti e Sole avrebbero l’origine in comune, ovvero da una nebulosa iniziale. Recenti misurazioni, possibili grazie alla presenza dei satelliti, hanno rilevato però che questo non è verificato, anzi ritroviamo in atmosfera (in particolare nei pianeti tellurici) materiale che ha abbondanze davvero differenti e molto più simili a quelle che si possono trovare nei nuclei; inoltre le prime teorie spiegherebbero bene il fatto che per i giganti gassosi l’abbondanza di H ed He (gli atomi più leggeri in assoluto) è molto alta a causa della forte attrazione gravitazionale ma non ne dimostrerebbero tuttavia il perchè di quelle dimensioni. Tuttavia possiamo dire che la nostra “prima atmosfera” doveva essere formata sostanzialmente da idrogeno, elio, metano.
In definitiva, gli agglomerati iniziali dovevano già contenere molta di quella materia non attribuibile direttamente alla nebulosa iniziale (acqua, metano, diossido di carbonio, ecc) e di conseguenza un’ipotesi plausibile è che un “veloce” degassamento iniziale (relativamente breve, si parla di centinaia di milioni di anni) l’abbia fatta fuoriuscire andando a determinare una “seconda atmosfera“; tuttavia il degassamento iniziale ha “prodotto” l’85% circa dell’atmosfera totale e il restante è fuori uscito successivamente in maniera graduale. Questa atmosfera doveva essere molto calda, a causa dell’elevatissima concentrazione di gas serra, e questo insieme alla presenza di forti venti solari avrebbe fatto andar via una grande quantità di particelle leggere dai pianeti tellurici.

Analizzando i dati relativi alle abbondanze dei nostri pianeti vicini è lecito porci alcune domande:

  • perchè qui c’è una grande abbondanza di ossigeno molecolare e nei vicini è trascurabile?
  • su Venere vi è una grande presenza di diossido di carbonio, il nostro dove è andato a finire?
  • perchè sulla Terra ci sono gli oceani?

Le risposte a queste domande in realtà sono correlate tra loro.

Il “dettaglio” che ci distingue dagli altri pianeti in maniera vistosa è la vita. Se facessimo un bilancio tra sostanze riducenti e ossidanti otterremmo uno sbilanciamento, in particolare un eccesso delle prime; inoltre la quantità di carbonio a livello organico nei sedimenti supera quella nell’atmosfera di un fattore 200.

Il carbonio viene utilizzato nei processi di fotosintesi e lo possiamo quindi ritrovare anche sottoforma dei resti degli organismi viventi del passato, come quelli depositati in fondo agli oceani. Sappiamo, però, che uno dei risultati della fotosintesi è la restituzione nell’aria dell’ossigeno molecolare (come scarto). In sostanza, l’arrivo (?) della vita sulla Terra (negli oceani) ha permesso ai primi organismi di produrre ossigeno ad alti livelli, il quale venendo a contatto con la radiazione ultravioletta ha messo in atto il meccanismo di produzione di ozono; solo dopo che la concentrazione di ozono ha raggiunto livelli ragionevoli la vita ha avuto la possibilità di diffondersi sulla Terra ferma; la percentuale con cui è presente l’ossigeno è qualcosa di a dir poco miracolosa: infatti, sotto il 15% la vita sarebbe estremamente difficile mentre sopra il 25% basterebbe una piccola “miccia” per far bruciare tutto l’ossigeno (ricordiamo che l’ossigeno è importantissimo nei processi di combustione). Inoltre, il resto delle sostanze ossidanti (metalli pesanti) sono stati “deportati” nel mantello e nel nucleo.
Tutto ciò presuppone la presenza di oceani, cioè acqua allo stato liquido. Primo: da dove arriva tutta l’acqua? Secondo: quando si sono formati gli oceani?

Senza scomodare fantasiose teorie creazionistiche, possiamo osservare cosa succede durante un’eruzione vulcanica: la principale sostanza che viene espulsa fuori è il vapore acqueo (85%), seguito da diossido di carbonio, azoto, solfati e altre polveri; abbiamo già detto che inizialmente vi fu un degassamento intenso e questo potrebbe quindi aver permesso il raggiungimento di alte quantità di vapore, unito all’acqua di comete e altri corpi dallo spazio. Si hanno prove sperimentali che a un certo punto della “storia” (circa 4.4 miliardi di anni fa) tutto questo vapore è condensato e ha formato gradualmente gli oceani.
Tutta ciò è quanto ipotizzato per i primi miliardi di anni dalla nascita della Terra.
Tuttavia vi è il paradosso relativo al Sole: quando la Terra è nata l’energia proveniente dalla nostra stella era più bassa del 30% quindi tutta l’acqua avrebbe dovuto congelare per le basse temperature. In realtà, come già accennato all’inizio dell’articolo, vi era una grande quantità di gas serra (per esempio, tutta la CO2 che poi è stata utilizzata dagli esseri viventi più quella che è andata a formare i sedimenti e i continenti più quella diluita negli oceani) e le temperature erano decisamente alte, tanto quanto bastava per mantenere allo stato aeriforme l’acqua.

Nel prossimo articolo vedremo qualche dettaglio in più nell’analisi delle varie ere.