In un vecchio articolo abbiamo parlato dell’analisi mediante la trasformata di Fourier dell’indice NAO. Abbiamo visto quanto questo mezzo matematico sia potente per indagare sulle caratteristiche di un segnale. Tuttavia vi sono una serie di motivi che ci suggeriscono che questo mezzo non sia perfetto, o tutt’al più non sia l’unico da utilizzare. Infatti, come ogni “mezzo matematico”, vi sono delle condizioni che ci permettono di usarlo o per lo meno ipotizziamo che ci siano; in questo caso si parla di fenomeno stazionario, ovvero le cui caratteristiche non variano nel tempo. In natura però non è detto che un qualsiasi fenomeno lo sia. Cosa utilizziamo allora?
Un potentissimo mezzo per l’analisi di fenomeni non stazionari è la trasformata di Wavelet. In parole povere, essa è una funzione che permette di filtrare il segnale a tutte le scale e riesce quindi a effettuare un’analisi spettrale per ogni istante temporale che caratterizza il segnale. In parole ancora più povere, è come se avessimo un’analisi di Fourier per ogni tempo (sottolineamo “come”). Di conseguenza questa funzione si presta bene a capire come e di quanto le frequenze con cui si presenta il fenomeno cambiano nel tempo.
Qualcuno potrebbe avere ancora qualche dubbio (e inserire formule matematiche non li toglierà!), quindi facciamo ancora un piccolissimo ragionamento. Nell’analisi di Fourier elaboriamo uno spettro (distribuzione di energia per ogni frequenza, cioè ciclo), basato sull’ipotesi che questo spettro sia costante nel tempo: se quindi facciamo lo spettro nel periodo 1900-1950 troveremo la stessa cosa se fatta nel 1950-2000.
Nell’analisi di wavelet invece no. L’ipotesi di fondo è nettamente diversa, non sappiamo affatto come si comporta il segnale e le sue frequenze; questo è proprio quello che vogliamo scoprire.
Prendiamo una serie di esempio, ovvero l’analisi delle precipitazioni giornaliere sulla città di Terlizzi, in provincia di Bari (ringrazioe Francesco Paolo di bfpmeteo). Nella prossima immagine possiamo trovare tre grafici: in alto l’andamento delle precipitazioni dal 2005 al 2010, in basso a sinistra la trasformata di Wavelet e in basso a destra lo spettro globale (quest’ultimo è una versione “smussata” dello spettro di Fourier).
Concentriamoci sulla wavelet, o meglio il suo Scalogramma: come si analizza un grafico del genere?
Sull’asse verticale abbiamo i periodi (espressi in giorni) e sull’asse orizzontale il tempo (vengono segnati gennaio e giugno, ovvero inizio e metà anno). Le colorazioni “fredde” corrispondono a poca energia, quelle “calde” ad alta energia.
La prima cosa da ricercare è la presenza di “strutture” (o anche macchie!) chiuse che possono essere sia intermittenti sia periodiche, o magari anche isolate.
Analizzando questo particolare segnale ci accorgiamo che vi è una struttura periodica; quindi dividiamo l’analisi in due parti, la prima relativa ai periodi 2-32 giorni e la seconda ai periodi superiori ai 32 giorni.
Nella prima parte notiamo che vi è un’alternanza tra alta energia e bassa energia nel passaggio tra stagione fredda e stagione calda. Questo è naturalmente da attribuire alla maggiore attività delle configurazioni bariche in autunno e inverno, il che potrebbe farci pensare che la pioggia possa essere considerata un “tracciante” delle oscillazioni delle onde di Rossby. Guardando con più impegno, ci accorgiamo che innanzitutto questa alternanza non è perfettamente periodica e che vi sono annate più energetiche delle altre (come 2006 e 2009), le quali hanno portato anche molta pioggia.
Parlando della seconda parte e collegandoci a quanto appena detto, meritano attenzione anche l’estate del 2007 e de 2008, particolarmente siccitose. Nel 2007 si vede che il nucleo energetico della wavelet sembri addirittura diffondersi ai periodi più alti (frequenze più basse), come se vi fosse un generale rallentamento dell’intera “macchina” atmosferica. Non solo: ai più alti periodi (basse frequenze) il nucleo poco energetico rimane così per tutto l’anno fino a dissolversi dopo l’estate dell’anno dopo.
Anche nel 2005 c’è stata una “colata” poco energetica nella prima metà dell’anno però ha avuto vita breve e nel dettaglio ha caratteristiche diverse. Questa è seguita subito da un nucleo molto energetico che sembra riproporsi traslato a frequenze ancora più basse nel 2009. Purtroppo abbiamo pochi anni di dati quindi non abbiamo la possibilità di capire se questa periodicità legata a nuclei intensi e deboli alle basse frequenze sia un fenomeno casuale o qualcosa di regolare.
Altro dettaglio da aggiungere alla nostra analisi è che vi è una differenza nel pattern energetico e poco energetico: nel primo caso è evidente che vi sono due nuclei distinti, uno nei periodi bassi (alte frequenze) e uno nei periodi alti (basse frequenze) come nel 2006 e 2009; nel secondo caso, invece, il nucleo è unico e si estende dai bassi agli alti periodi senza interruzioni.
Così com’è, lo scalogramma non permette di fare previsioni; ci sarebbe una “possibilità” a dire il vero, ma questo presuppone di avere una serie di dati molto lunga e tuttavia avremmo pur sempre solo la possibilità di spiegare le caratteristiche del fenomeno. Per avere previsioni bisognerebbe provare ad associare la wavelet a qualche modello stocastico o parametrico.