Le previsioni elaborate ogni giorno presso i centri meteorologici di tutto il mondo, sono un connubio ben riuscito tra le conoscenze più aggiornate delle leggi fisiche dell’atmosfera, e gli strumenti più sofisticati messi a disposizione oggi dalla scienza e dalla tecnica.
Tuttavia, nonostante l’impiego di personale altamente specializzato che si avvale degli ultimi ritrovamenti tecnico-scientifici e malgrado l’applicazione di numerosi leggi fisiche, risolte con sofisticati algoritmi matematici, le previsioni meteorologiche sono ancor oggi alquanto imprecise. Questo perché le leggi che descrivono l’evoluzione dell’atmosfera sono quelle classiche della meccanica e della termodinamica e, a causa della complessità medesima dei fenomeni atmosferici, sono leggi che vengono espresse attraverso equazioni differenziali evidenziando la rapidità delle variazioni nel tempo e nello spazio.
A tal proposito, in meteorologia, i concetti di scala spaziale e temporale sono stati introdotti per tentare di proporre una schematizzazione con cui classificare gli innumerevoli fenomeni atmosferici osservati su caratteristiche scale spazio-temporali, ma intrinsecamente legati a processi agenti anche su altre scale. Per esempio, tutto si lega dal grande verso il piccolo: un anticiclone dinamico con dimensioni dell’ordine delle migliaia di km2 potrebbe determinare un piccolo banco di nebbia su una pianura; oppure, tutto si potrebbe determinare dal piccolo verso il grande, come un temporale estivo con diametro dell’ordine di 1 km, rilascia quantità enormi di energia contribuendo così, in modo significativo, al bilancio energetico (L. Mariani, 2002).
La giustificazione fisica della suddivisione dei moti atmosferici in scale si basa sulla distribuzione di energia cinetica in funzione della frequenza, calcolata su una serie temporale di osservazioni del vento, in prossimità della superficie ed in quota, ed elaborata per la prima volta da Vinnichenko (1970).
Nel tempo, sono state proposte ulteriori suddivisioni delle principali scale atmosferiche in relazione alla loro estensione geografica e alla loro durata temporale. I vari picchi presenti indicano la predominanza dei fenomeni su particolari scale. Nello specifico: il picco sul periodo di circa un minuto corrisponde alla microscala, quello relativo al periodo di qualche giorno definisce la macroscala. Si nota quindi dal grafico rappresentante l’energia cinetica che tra i due picchi (ed escluso il picco legato all’oscillazione diurna indotta dal riscaldamento giorno-notte), vi è una zona di minimo corrispondente alla mesoscala che sembra, quindi, essere la scala su cui si verificano quei fenomeni transienti che contribuiscono al trasferimento di energia dalla grande scala alla piccola scala (Yu-lang Lin).

Tabella : schematizzazione della tabella di Thunis and Borstein (1996) che classifica le differenti scale atmosferiche
Nella tabella sono rese le scale meteorologiche con i sistemi dinamici più caratteristici; da tale tabella emerge che spazio e tempo sono fra loro collegati, nel senso che tanto più andiamo verso il piccolo nello spazio, tanto più la durata nel tempo dei fenomeni è ridotta. Generalmente le scale principali sono quelle a macroscala e a mesoscala, dove distinguiamo anche una diversità nei modelli di previsione meteorologica; i fattori a microscala, sono fattori più che da cause meteorologiche, sono generati da fattori locali dando origine a fenomenologia debole e momentanea.
Nei sistemi a macroscala ciò che è decisivo è rappresentato da un grande meccanismo termico adibito a trasportare dalla fascia equatoriale il calore solare in surplus, per trasferirlo alle latitudini polari per riequilibrare il deficit energetico di tale regione. A questo punto la circolazione generale dell’atmosfera diviene protagonista innescando un trasporto di calore lungo i meridiani e più precisamente dall’equatore verso i poli, rimuovendo il surplus di energia che si genera nelle zone tropicali riequilibrando i deficit che si riscontrano nelle zone polari. Questo trasporto di calore avviene attraverso i westerly: se queste correnti non deviassero il loro percorso lungo i paralleli, non si avrebbe mai lo scambio di calore tra aria calda equatoriale e aria fredda polare, cosicché la temperatura salirebbe lungo la fascia equatoriale e diminuirebbe sulle calotte polari: queste ondulazioni vengono definite onde di Rossby che una volta innescate tendono ad diventare sempre più ampie.
La cosiddetta meteorologia a mesoscala viene definita, come quella branca della meteorologia riguardante i fenomeni atmosferici con una scala spaziale e temporale che si colloca tra la macroscala e la microscala. I fenomeni che sono studiati in un’analisi a mesoscala, sono quei fenomeni che si trovano in una scala spaziale compresa tra i 10 e 1000 km; esempi di fenomeni sono i temporali, i fronti caldi e freddi, le brezze di mare e di terra. Molte ricerche sull’analisi a mesoscala sono state possibili a partire dalla seconda metà del XX secolo, grazie all’avvento degli strumenti come radar, satelliti e un infittimento delle stazioni meteorologiche disseminate sulla superficie terrestre. Inoltre, grazie a tutti i dati raccolti, è stato possibile creare modelli previsionali meteorologici sulla mesoscala, utili per riuscire a vedere tutta quella dinamica, che altrimenti, con i modelli a scala globale verrebbe trascurata. La mesoscala è suddivisa in ulteriori tre sottocategorie:
- Mesoscala α: si estende su una scala orizzontale compresa tra i 200-2000 km, ed è compreso in una scala temporale tra i 2-3 giorni; esempio di fenomeni disciplinati sono i fronti.
- Mesoscala β: si estende su una scala orizzontale compresa tra i 20-200 km, e si sviluppa su una scala temporale di 1 giorno; esempio di fenomeni che si possono presentare su questa scala sono le brezze di mare e di terra.
- Mesoscala γ: si estende su una scala orizzontale compresa tra i 2-20 km, e si sviluppa su una scala temporale di 1 giorno; esempio di fenomeni che si possono sviluppare in quest’ambito sono i temporali.
La presenza di fenomeni che agiscono su diverse scale spazio-temporali permette di semplificare le equazioni che descrivono la dinamica atmosferica. Tale semplificazione prende il nome di scaling basata su osservazione e su approcci teorici. Tramite la tecnica dell’analisi di scala, si può ottenere una misura quantitativa dell’influenza delle varie forze su una data scala: essa fornisce un metodo per la comparazione degli ordini di grandezza dei vari termini compresi nelle equazioni fondamentali. In tal modo si ottiene una semplificazione del sistema di equazioni, e si applica una sorta di filtro per quei moti a cui non si è interessati.
La distinzione tra la macroscala e la mesoscala viene introdotta per meglio spiegare il perché possono esistere diversi tipi di modelli numerici in particolare, tra i modelli a scala globale (Global Model GM) e i modelli a scala locale (Limited Area Model LAM). È intuitivo che i modelli globali prendono in considerazione tutta l’atmosfera terrestre, quindi, si occupano dei fenomeni su macroscala, mentre quelli ad area limitata lavorano su parti più ristrette del territorio definendo i fenomeni di mesoscala. Tra i due principali modelli globali, diffusi e proposti, utilizzati dai più importanti centri di previsione meteorologica, troviamo il GFS (Global Forecast System) modello globale elaborato dal NCEP (National Center for Enviromental Prediction), il centro meteorologico nazionale degli Stati Uniti, e il modello prodotto dal centro europeo ECMWF (European Centre for Medium-range Weather Forecasts).
Molti sono gli studi prodotti dalla comunità scientifica per il confronto tra questi due tipi di modelli a scala globale, che presentano caratteristiche diverse tra loro. Questi studi, per la maggior parte si pongono come risultato finale il confronto di determinate variabili in differenti zone del globo. Interessante risulta infatti studiare come, a partire da dati iniziali simili, i modelli a seconda degli algoritmi e delle griglie su cui sono implementati, forniscano risultati differenti che permettono quindi, di utilizzare il modello più attendibile a seconda sia del parametro che si voglia analizzare sia della parte del globo interessata.
A cura di Noemi Visicchio
Bibliografia
Mariani L., 2002, Geostatica in meteorologia e climatologia: possibilità e vincoli, ERSAL servizio agrometeorologico
Yu-Lang Lin, Draft chapter from Mesoscale Dynamic Meteorology
Vinnichenko, N. K., 1970, The kinetic energy spechum in the free atmosphere one second to five years, Tellus, 22, 158-166