La definizione del concetto di scala spaziale e temporale nel precedente articolo, è stata introdotta per meglio spiegare le differenze nell’utilizzo dei modelli fisico-matematici a scala globale e locale.
Ma cosa si intende esattamente per modello fisico-matematico? Si intende la riproduzione del comportamento dell’atmosfera attraverso dei software che vengono “lanciati” su dei computer con un’elevata capacità di calcolo, che sviluppano un modello capace di prevedere come evolverà l’atmosfera da un certo istante in poi, con precise condizioni iniziali. Le condizioni iniziali sono la chiave che determinano il buon condizionamento dell’algoritmo da implementare, e quindi l’attendibilità del risultato del modello. La ricostruzione dello stato iniziale dell’atmosfera deriva da una complessa assimilazione di dati iniziali, non tutti provenienti dalle osservazioni. Il sistema di osservazione è formato da una serie di stazioni meteorologiche al suolo che sinotticamente osserva e registra determinati parametri (esempio sono la temperatura, l’umidità, la velocità e intensità del vento, la pressione ) e da una rete sinottica per l’osservazione dei medesimi parametri a varie quote per avere una visione più completa della situazione iniziale in un qualsiasi luogo. Sulle aeree dove non è possibile effettuare delle osservazioni dirette, come nel caso di deserti o dell’oceano, lo stato iniziale viene ricostruito mediante i valori di pressione,temperatura e umidità, dedotti dai modelli elaborati per le sei ore precedenti. Inoltre i dati provenienti dai satelliti meteorologici costituiscono un’ulteriore ricchezza per ricostruire lo stato iniziale dell’atmosfera come la temperatura superficiale delle acque del mare e degli oceani, e le parti di suolo coperto dalla vegetazione.
L’algoritmo che si va a scrivere è definito da delle equazioni differenziali, dove compaiono le derivate delle variabili incognite, in modo da esprimere la rapidità di variazioni nel tempo e nello spazio. Anche se scritte sotto il linguaggio delle formule, le equazioni sono costruite attraverso numerosi parametri che schematizzano tutti i processi fisici che determinano l’evoluzione dell’atmosfera.
Una soluzione analitica semplice delle equazioni, valida in continuo per tutti i punti della superficie terrestre, non esiste per cui i matematici ricorrono all’espediente di dividere l’atmosfera sotto esame in una serie di punti fissi, trasformando una soluzione continua in una soluzione discreta. È come se invece di strisciare sul terreno, adattandosi a ogni asperità, si sia scelto di saltare da un punto ad un altro. Non si può dire che la conoscenza del mondo dal punto di vista di una rana sia cosi peggio di quella di un serpente, considerando che la maggior velocità della prima costituisce un vantaggio. Gli scienziati agiscono proprio come le rane, immaginando che la condizione tra un salto e l’altro non siano poi così dissimili (R. Scotton et al., 2003). È utile sottolineare che il metodo che opera per salti è più veloce di quel tanto che basta, per fornirci i risultati di cui abbiamo bisogno in tempi veloci. In termini tecnici la semplificazione adatta si definisce discretizzazione, ossia significa che alle derivate che compaiono nei vari termini, si sostituiscono le differenziate. Ogni variabile viene quindi completamente identificata dai suoi valori nei punti considerati, ossia i cosiddetti punti di griglia, mentre le derivate spaziali diventano differenze calcolate trai punti di griglia presi in successione ordinata. Si noti che a ogni punto di griglia, è associata una fetta di atmosfera le cui caratteristiche sono rappresentate dai valori assunti dalle variabili.
Non ci sono regole che impongono il numero di punti, definiti anche nodi, da usare anche se è evidente che infittendo la griglia, l’intervallo di separazione tra i punti diminuisce e da ciò risulta una miglior precisione dello schema numerico. In pratica è la potenza di calcolo dello strumento elettronico che limita la scelta dei punti: o si considera tutto il globo, e quindi si tiene ampia la distanza tra i nodi, oppure ci si concentra su un’area infittendo il passo di griglia guadagnato in risoluzione. Il passo di griglia e la scelta dei nodi è importante per il differente utilizzo dei modelli a scala globale o a scala locare: poiché le capacità di calcolo non sono infinite, i Global Model (GM), avendo un passo di griglia più grande introducono le più importanti semplificazioni, operando con una risoluzione tra i 40 e i 100 km in orizzontale. I Local Area Model (LAM), riducendo le zone d’interesse, impiegano una griglia più fine con un passo di 15-20 km. Nella verticale, la porzione di atmosfera considerata si può estendere fino a un’altezza di 30-70 km, distribuita su qualche decina di livelli, in modo non uniforme ossia più fitta vicino al suolo dove è necessaria una migliore definizione verticale. I LAM permetto di produrre previsioni molto dettagliate ma valide solo da poche ore fino a due giorni, e questi modelli sono inizializzati attraverso i modelli globali, nel senso che utilizzano gli stessi dati iniziali e le stesse condizioni al contorno. Nei modelli locali è possibile schematizzare tutti quei fenomeni atmosferici, come le brezze le onde orografiche e le depressioni orografiche, aventi delle scale spaziali dell’ordine dei 10-100 km, e che solitamente non trovano adeguata rappresentazione nei modelli a scala globale. I LAM si possono suddividere in modelli di tipo idrostatico, ossia nella terza equazione del moto si trascurano le velocità verticali introducendo la legge dell’equilibrio idrostatico, e in modelli non-idrostatici dove si tiene conto delle possibili variazioni della velocità verticale indotte sia dalle divergenze orizzontali, ma anche da fattori a mesoscala. Questo significa che i modelli non-idrostatici rappresentano meglio ciò che avviene nella realtà.
I modelli atmosferici, o meglio i risultati di output di questi modelli che vengono rappresentati per la maggior parte dei casi attraverso delle mappe, definite mappe di previsione del tempo, indicano l’evoluzione del tempo atmosferico permettendo quindi al previsore di dedurre quali fenomeni interesseranno determinate aeree. I modelli infatti sono in grado di produrre numerose mappe, come mappe bariche al suolo e in quota, umidità relativa a diversi livelli, o mappe in grado di stimare le precipitazioni.
Naturalmente tutti i modelli, che siano globali o locali, sono soggetti a degli errori che si propagano in maniera esponenziale, fino a far perdere significato alla previsione meteorologica. In particolar modo gli errori oltre a essere indotti dalla capacità di calcolo del computer, possono essere prodotti anche dal tipo di atmosfera che si va a esaminare: quando l’atmosfera risulta essere stabile, i piccoli errori nelle condizioni iniziali non condizionano molto il risultato finale del modello. Quando l’atmosfera invece si presenta con condizioni più caotiche allora gli errori iniziali si amplificano in maniera tale da rendere la previsione non più attendibile dopo 4-5 giorni.
A cura di Noemi Visicchio
Bibliografia
Scotton R., Mercalli L., Castellano C, Cat Berro D, 2003, Introduzione ai modelli numerici di previsione meteorological (NWP), Rivista Nimbus 29-30 N. 2/2003