Ho illustrato lo studio effettuato dalla NOAA e dal CIRES per quanto riguarda l’analisi degli eventi siccitosi sul Mediterraneo nella stagione invernale.
Cerchiamo di capire meglio il meccanismo che c’è dietro questa rivelazione.
Il tutto è legato innanzitutto alla diminuzione delle precipitazioni nel corso del secolo, la cui magnitudine è aumentata negli ultimi tempi. Inoltre la frequenza con cui si presentano questi eventi è troppo alta per essere spiegata dalla semplice (per quanto complicata) variabilità naturale, la quale ricordo è intrinseca nel sistema climatico e lo caratterizza.
Tutto ciò, purtroppo, non è incoraggiante per le nostre regioni, alcune delle quali sono già in fase di desertificazione, in quanto è presente uno stress preciso che difficilmente sarà annientato dalla sola variabilità naturale.
Le regioni mediterranee accumulano le loro “riserve” di pioggia durante l’inverno, quando l’attività baroclina è molto presente. Quel che è stato rivelato è un pattern che si allunga dallo Stretto di Gibilterra al Medio Oriente. Per capire le cause si è partiti con un’analisi di detection con la NAO e l’andamento dei gas serra (in qualche modo correlati all’attività umana).
L’analisi parte dal 1902 e termina il 2010. Si scopre che le emissioni sono abbastanza correlate a questo fenomeno però non completamente: infatti, bisogna tener presente che i gas serra non sono gli unici fattori che influenzano l’andamento del Global Warming (sebbene ne caratterizzino il trend) e quindi vi sono dei fattori, sconosciuti, che completerebbero l’analisi.
Si scopre così una tendenza alla siccità a partire dagli anni ’70. Non solo: le SST sembrano emergere come primo motivo (attribution) per questa relazione tra clima generale e siccità mediterranea. In pratica, il meccanismo è legato al diverso riscaldamento dal normale delle acque oceaniche indotto dal GW, il quale si “sfoga” in un pattern siccitoso sul Mediterraneo (individuato dalle anomalie nella mappa accanto)
L’analisi merita molta attenzione e anche un approfondimento. La riflessione si sposta sulla nostra Penisola: la mappa mostra come le regioni più influenzate da questo pattern siano al Nord Italia, sul versante tirrenico centro settentrionale e soprattutto sulle Isole Maggiori (dove la desertificazione è più attiva). Se aggiungiamo il fatto che sta cambiando anche la frequenza con cui si presentano i fenomeni calamitosi più intensi (vedasi Roma 20 Ottobre e Ligura 26 Ottobre, sebbene siano per ora due soli eventi e bisogna considerare un periodo di tempo lungo; diciamo solo “pour parler”) allora arriviamo alla conclusione (già nota agli addetti al lavoro) che il Paese sarà caratterizzato da forti stress geologici ancora per lungo tempo. Piove poco ma quando piove fa danni e “l’accumulo” non rende troppi benefici all’agricoltura (anzi).
Continuando così, sarà necessario un serio piano di adattamento (oramai è tardi per rimediare), altrimenti saranno molte le zone che dovranno essere abbandonate perché inutilizzabili
A cura di Giancarlo Modugno