Molta gente si chiede se davvero esistano gli uragani nel nostro paese e nei nostri mari. La risposta è sicuramente affermativa, e in questo articolo vi spiegheremo come nascono e le loro caratteristiche principali, e quindi come differiscono dagli uragani e dalle tempeste tropicali e di cui sentiamo spesso parlare nei telegiornali, che causano purtroppo morte e distruzione negli altri continenti.
Cercheremo dunque di fare un pò di chiarezza.
Gli uragani in sede mediterranea, che gli esperti li chiamano “Tlc”, Tropical-Like Cyclone, possono raggiungere al massimo un livello corrispondente al primo della scala 1-5 dei normali cicloni. Dunque, si parla di fenomeni atmosferici connessi naturalmente non di portata eccezionale “assoluta”, ma sicuramente molto pericoli anche per l’uomo, soprattutto per l’impatto con aree geografiche non proprio abituate come le nostre.
Tali fenomeni (uragani) vengono definiti, più esattamente se raggiungono il primo livello della scala di classificazione uragani, “Medicanes” , per l’unione dei termini “Mediterranean” e “hurricane” (Mediterranei e Uragani). Si parla, attenendosi alle norme dell’organizzazione mondiale della meteorologia, di Medicanes solo quando i venti medi sostenuti raggiungono i 110 km/h. Se meno intensi, fra i 60-100 km/h all’incirca, si parla di “Mediterranean Tropical Storm”.
Uno dei casi maggiormente studiati e approfonditi è quello del Medicane “Conerlia”. Esso si formò a sud delle Isole Baleari fra il 6 e il 7 Ottobre del 1996. Colpì la Sardegna, poi sul Tirreno si intensificò a contatto con l’acqua calda e scatenò il disastro sulle Eolie. Danni molto gravi ci furono anche in Calabria e nel messinese.
Tra i più importanti, si riconda anche il Medicane “Celeno”, di cui possiamo ammirare un’immagine satellitare (1995)
Vediamo, con una breve spiegazione (reperibile su Wikipedia) come si formano ed evolvono gli uragani mediterranei.
La loro origine, come quella degli uragani tropicali, è da ricercarsi nell’eccesso di energia termica accumulata sopra il mare (in questo caso il mar Mediterraneo). Tale energia viene trasformata rapidamente in energia cinetica, ovvero in un intenso moto vorticoso dell’aria, con minima dispersione in moti traslazionali essendo una struttura quasi isolata. Il periodo dell’anno in cui si possono verificare è quello in cui la temperatura superficiale del mar Mediterraneo è più alta (intorno ai 26°C), condizione che si verifica normalmente tra agosto e settembre sullo Ionio, sul basso Tirreno, sul canale di Sicilia, sul mar Libico, sul mar di Sardegna e sull’Adriatico centrale, ma possono formarsi comunque tra luglio e gennaio se ci sono altre condizioni favorevoli. Condizione necessaria per la loro nascita è la presenza di aria molto calda e prossima alla saturazione nei bassi strati sopra la superficie del mare. Per innescare però la liberazione dell’energia in eccesso è necessaria la formazione di un’area di convergenza nei bassi strati che determini la nascita di moti ascensionali e quindi di una piccola depressione al suolo. Tale situazione si può presentare per i seguenti motivi:
- presenza di un vortice isolato in quota (cut off)
- passaggio di un ramo del getto polare in quota
- presenza di un gradiente termico verticale fortemente superadiabatico in prossimità del suolo o negli strati prossimi ad esso (diminuzione della temperatura superiore ad 1°C ogni 100 metri fino ad una quota di circa 1000 metri)
- presenza di un’area di discontinuità frontale quasi stazionaria al livello del mare
L’ascesa dell’aria, se non ostacolata da alte pressioni dinamiche con moti discendenti, causa il raffreddamento per espansione adiabatica e quindi la condensazione del vapore d’acqua in essa contenuto, ma la condensazione libera il calore latente di evaporazione che è il calore che l’acqua aveva assorbito in precedenza per evaporare, prendendolo dall’energia solare; questo calore si aggiunge al calore già presente nell’aria calda e determina un’ulteriore ascesa dell’aria che continua finché viene raggiunto il livello di congelamento, dove si libera ulteriore calore latente di fusione e così il meccanismo si autoalimenta. Tutto ciò se il rifornimento di vapore continua (persistenza sul mare) e se persistono le condizioni che favoriscono l’ascesa dell’aria causa la formazione di un vortice grazie alla ben nota forza di Coriolis (forza deviante): a questo punto il vortice funziona come una pompa aspirante che continua a risucchiare vapore e calore dal mare; intensificandosi sempre più, la pressione precipita a valori molto bassi (difficilmente misurabili) ed il vento raggiunge le intensità massime.
Risulta, secondo gli esperti, essenziale l’interazione tra il ramo del getto polare con quello sub tropicale, nonchè l’energia fornita dal mare, come già detto; sono questi fattori molto importanti per il loro sviluppo. Inizialmente, i ruoli principali sono la presenza di un fattore iniziatore in quota (generalmente un normale vortice che è entrato nel bacino del Mediterraneo), aria abbastanza umida e prossima alla saturazione e uno squilibrio termodinamico tra la superficie marina e l’alta troposfera.
L’aumento della rotazione della struttura, successivamente, incrementa il processo di estrazione dei flussi energetici marini a causa del rinforzo dei venti nei bassi strati, richiamati nel centro depressionario. Una volta costituitosi il vortice, l’energia principale a questo punto deriva proprio dal flusso di calore e di umidità fornito dal mare, che quindi ha il merito di mantenere in vita ed eventualmente rinvigorire l’intero sistema perturbato. Di fatti, c’è sempre la tendenza ad attenuarsi una volta a contatto con la terra-ferma.
E dovremmo dire per fortuna! Dal momento che causerebbero, se ciò non succedesse, impatti e danni ancora maggiori.
I fenomeni più evidenti prodotti dagli uragani mediterranei sono naturalmente: il vento, che supera, anche i 130 km/h; e la pioggia, a prevalente carattere di rovescio e temporale (intensità massima 500 mm/h). Il diametro massimo dei cicloni mediterranei è di 200-400 km. La durata temporale è molto variabile ma in genere è limitata a 1 o 2 giorni (generalmente però tali fenomeni durano solo poche ore).