La corrente a getto (jet stream) è uno di quei fenomeni che riguarda la dinamica dell’atmosfera a grande scala, e come disse Rossby, può essere definita come “un sistema nervoso che controlla l’atmosfera inferiore”. La scoperta della corrente a getto è da attribuire all’aviazione, in particolar modo al periodo della seconda guerra mondiale. Gli aerei americani sorvolando il territorio giapponese ad alta quota, si ritrovarono immersi in enormi fiumi d’aria violentissimi che li obbligavano a cambiare rotta e che potevano provocare numerosi danni agli aeromobili, poiché non progettati per resistere a forti sollecitazioni. A queste forti correnti venne assegnato il nome di jet stream, ossia un lungo nastro di violenti correnti d’aria collocato tra l’alta troposfera e la bassa stratosfera.
Si sono riconosciuti due tipi di correnti a getto principali, identificati sia nell’emisfero australe sia in quello boreale che spirano da ovest verso est: il getto polare, e il getto subtropicale. La posizione del getto polare è legata alla stagionalità, infatti, varia tra i 30°-40° durante l’inverno, e latitudini più alte 40°-50° durante l’estate. La corrente a getto sub-tropicale, si trova sommariamente per tutto l’anno intorno ai 30° di latitudine.
Inoltre viene riconosciuto un ulteriore getto che prende il nome di getto equatoriale, legato alla stagionalità dei monsoni: è una corrente che scorre al di sopra dell’Asia e dell’Africa è ha la particolarità di essere l’unico getto che spira da est verso ovest.
Sommariamente possiamo attribuire a una corrente a getto le seguenti dimensioni: uno spessore in media di 3,5 km, una larghezza di 150-500 km, e una lunghezza tra i 1000 ai 5000 km. La velocità media all’interno della corrente risulta essere maggiore di 100 km/h. Analizzando i gradienti, abbiamo una variazione orizzontale di 10 kts/ 100 km, mentre la variazione lungo la verticale è di 10-20kts/km.
Che cosa causa l’origine della corrente a getto? Bisogna partire dall’analizzare la suddivisione termica dell’atmosfera. La troposfera si estende dalla superficie terrestre fino a una quota media di 11 km, e all’interno di questa, la temperatura diminuisce con la quota. Al di sopra della troposfera si trova la stratosfera dove si verifica un’inversione termica, ossia la temperatura aumenta con la quota. Sappiamo che la troposfera non è distribuita in maniera omogenea attorno al globo, ossia risulta avere un’altezza maggiore all’equatore e minore ai poli. Questo provoca delle discontinuità all’interno dell’atmosfera. Dai grafici a sinistra si può meglio notare l’andamento del campo termico e isobarico in funzione di latitudine e altezza. Analizziamo il grafico con le isoterme (prino grafico) e fissiamo una quota fissa. Noteremo che procedendo verso nord, da una certa latitudine in poi la temperatura al posto di diminuire inizierà ad aumentare, indicandoci che siamo entrati all’interno della stratosfera. Questo genera dei forti gradienti di temperatura. Analizziamo il grafico con le isobare, ponendoci sempre a una stessa quota. Osserveremo che avremo pressione maggiore delle basse latitudini e una pressione minore alle alte latitudini: ciò definisce perciò un’inclinazione del campo barico. Perciò i forti gradienti termici e l’inclinazione delle superfici bariche, provocano la formazione delle correnti a getto proprio in quei punti dove le discontinuità sono accentuate.
La jet stream non è perfettamente circolare intorno alla superficie terrestre, ma essa è soggetta a delle ondulazioni. Accade che masse d’aria calda sconfinino verso Nord in zone dove vi era aria fredda, e conseguentemente l’aria polare occupa latitudini minori precedentemente occupate da aria più calda. Queste grandi ondulazioni vengono identificate con il nome di onde di Rossby. Vi è una relazione tra la velocità del getto e le ondulazioni che si creano in seno ad esso: più veloce è il getto (velocità > si 150 km/h) minori sono le ondulazioni che si vanno a creare; quando invece la velocità del getto risulta essere minore (velocità < si 150 km/h), si hanno numerose ondulazioni con una maggiore ampiezza.
Come detto in precedenza, la corrente a getto è in grado di avere delle ripercussioni sulle conformazioni bariche al suolo. Analizziamo la figura 2: supponiamo che la particella d’aria percossa la jet stream da sinistra verso destra; essa entrerà all’interno della jet streak, ossia quella parte del getto, dove le velocità sono maggiori e dove le isobare si ravvicinano. Una volta uscita da questo “restringimento”, la particella dovrebbe decelerare in quanto le isobare si distanziano tra loro, ma questo non avviene a causa della forza d’inerzia a cui la particella è soggetta. Si genera perciò una divergenza in quota, con un conseguente richiamo d’aria dal basso verso l’alto, dei moti ascendenti e una convergenza al suolo. Si vanno, quindi, a innescarsi le condizioni per generare un ciclone extratropicale.
La corrente a getto, spiegata in maniera molto descrittiva in quest’articolo, è molto importante per i piloti che volano a quelle quote: essa è classificata come un fenomeno pericoloso per il volo. Se un aeromobile incappa nella periferia della corrente a getto, l’attrito che si genera tra questa e la lenta atmosfera circostante sarà causa di forti turbolenze: clear air turbolence. Se si incappa in un ramo discendente della turbolenza, l’aeromobile può essere trascinato per centinaia di metri in pochi secondi.
La corrente a getto può anche essere sfruttata, se l’aereo vola nella stessa direzione del getto, in quanto permette di ridurre i tempi di percorrenza di una rotta, oppure nuovamente evitata se l’aereo vola nella direzione opposta.
A cura di Noemi Visicchio