Tra i principali fattori che hanno inciso sui cambiamenti climatici che si sono succeduti nelle migliaia di anni, i vulcani con le loro eruzioni hanno avuto un ruolo molto decisivo. Un’eruzione vulcanica può apportare in atmosfera migliaia di finissime particelle di cenere in grado di schermare l’atmosfera e di non far penetrare la radiazione solare: una radiazione minore significa un apporto inferiore di calore e una conseguente diminuzione delle temperature medie registrate sulla superficie terrestre. Inoltre, queste particelle possono essere trasportate a centinaia di chilometri di distanza poiché, la forte esplosione è in grado di immetterle all’interno delle circolazioni atmosferiche.
L’eruzione del Tambora avvenuta nel 1816, l’eruzione del Krakatoa del 1883, e la più recente eruzione del Pinatubo nel 1991 sono solo tre degli eventi eruttivi che hanno inciso sull’andamento del clima mondiale.
L’anno 1816 è definito l’anno senza estate o anno della miseria, in quanto viene ricordato per la sua estate molto fredda. In realtà, la causa delle ondate di freddo che si ebbero durante gli anni 1816 e 1817, sono state capite soltanto all’inizio del 1900 attribuendo il tutto all’eruzione del vulcano Tambora del 1816. Nell’aprile del 1815 in un’isola a est dell’isola di Giava, Indonesia, ebbe luogo un’esplosione che dimezzò letteralmente il cono del vulcano alto quasi 4000 metri: più di 1500 metri di cono furono esplosi in aria, oscurando il cielo di buona parte dell’Indonesia, e migliaia di detriti infuocati e lapilli uccisero più di 12000 persone. I detriti più piccoli dell’esplosione furono sparati molto in alto, tanto da rimanere sospesi all’interno dell’atmosfera e a raggiungere la stratosfera, immettendosi in circolazione intorno al globo, attraverso le correnti atmosferiche, nel giro di pochi giorni. Le conseguenze di questa eruzione segnarono molto il clima di quegli anni: l’estate del 1816 iniziò in controtendenza: il 6 giugno una forte perturbazione di aria gelida investì l’Europa settentrionale e il Nord America con una conseguente e fitta nevicata. La neve e le gelate notturne, che si seguirono per quasi cinque giorni, ebbero delle forti conseguenze sulle coltivazioni che andarono tutte distrutte. Ma il colpo di grazia per l’agricoltura arrivò il 10 luglio con una nuova ondata di aria artica che diede inizio a un lungo periodo di carestia e di miseria. Alla fine di agosto ci fu l’ultima ondata di freddo anomalo che anticipò l’inizio dell’autunno e l’arrivo dell’inverno. L’inverno a cavallo fra la fine del 1816 e l’inizio del 1817 fu devastante: i prezzi del cibo schizzarono alle stelle, e la carestia, la fame e il gelo iniziarono a mietere le prime vittime.
Nell’agosto 1883 il vulcano Krakatoaeruttò con una tale violenza che i suoi detriti arrivarono fino a centinaia di chilometri di distanza,
con conseguenti cambiamenti del clima del pianeta. Dalle diverse bocche del vulcano uscivano continuamente nubi e lapilli e l’isola era continuamente sorpresa da terremoti. La mattina del 27 agosto l’isola esplose e il cielo si oscurò su tutta l’Indonesia; si instaurarono molte onde da tsunami e l’esplosione causò la diminuzione del 20 – 25% della trasparenza atmosferica e un calo della temperatura media annua di circa un grado. Alcuni scienziati calcolarono che le polveri immesse dal vulcano ci misero più di due settimane per compiere l’intero giro del globo.
L’eruzione del Pinatubo avvenuta nel 1991, è sicuramente una delle eruzioni vulcaniche più attive che si sono sviluppate in tempi più recenti. Il 15 giugno 1991 il Pinatubo eruttò: gli ultimi 300 metri furono completamente scaraventati in aria facendo ridurre l’altezza del vulcano da 1750 a 1485 metri. La nube di cenere e gas che fu sprigionata durante l’eruzione raggiunse i 40 km di altezza e nel giro di poche settimane, immettendosi all’interno del sistema di circolazione atmosferica, è stata in grado di compiere il giro del mondo. La conseguenza principale fu una diminuzione delle temperature nei mesi eccessivi dell’eruzione di circa 0.8 °C che, per quanto piccola, può incidere all’interno dell’equilibrio climatico.
A cura di Noemi Visicchio