La particolare configurazione geografica del Mediterraneo favorisce, in presenza di determinate condizioni atmosferiche, la nascita e l’approfondimento di minimi barici. Tale fenomeno viene chiamato generalmente ciclogenesi.
Per la presenza delle Alpi, dei Pirenei e dei massicci della Sierra Nevada e Centrale, il Mediterraneo può considerarsi un mare chiuso all’afflusso delle correnti fredde settentrionali. Da sud le correnti possono giungere senza problemi grazie all’assenza di ostacoli orografici, eccetto l’Atlante.
Per questa sua natura, il Mediterraneo accumula energia termica, nel semestre caldo, per conservarla e ridistribuirla all’atmosfera circostante nel semestre freddo. Le perturbazioni da qualsiasi zona provengano non conservano la struttura di origine ma tendono a rompersi o intensificarsi, cambiando direzione e rendendo spesso complessa la previsione.
La trasformazione più interessante che subiscono le perturbazioni che giungono sul mar Mediterraneo consiste nel manifestarsi di ciclogenesi, ovvero nella formazione e sviluppo di minimi di pressione in determinate aree preferenziali, generalmente sottovento alle catene montuose.
Infatti le correnti che giungono sul bacino, incontrando una barriera, tendono a far accumulare aria sopravvento ad essa (aumento di pressione) e a produrne una diminuzione di pressione sottovento. Secondo il luogo ove la depressione si forma, si possono distinguere sul Mediterraneo vari tipi di ciclogenesi. Alle ciclogenesi delle Baleari, del Golfo del Leone, del Golfo di Genova e della Pianura Padana è generalmente associato un tipo di tempo da ovest o da nordovest, umido e relativamente mite, che si può definire “atlantico”. Alle ciclogenesi del Golfo di Trieste, del Tirreno centromeridionale, dello Ionio e dell’Egeo è associato, di solito, un tipo di tempo relativamente freddo che si può definire “continentale”. Alle ciclogenesi del Marocco, dell’Algeria, della Tripolitania e della Cirenaica è associato un tipo di tempo da sud che si può definire “africano”.
Prendendo in considerazione il periodo dal 1980 al 2004, le ciclogenesi con un minimo minore di 1000 hPa verificate sono state 355. Le ciclogenesi associate a sistemi perturbati atlantici sono le più numerose, in particolare quelle del Golfo Ligure (G1+G2), 88 casi, e quelle del Golfo del Leone (L1+L2), 65 casi, insieme rappresentano il 43% di tutte le ciclogenesi dell’intero periodo di 25 anni. Tra le africane prevalgono le ciclogenesi dell’Algeria (Aa1+Aa2) con 38 casi.
Il massimo è a dicembre con 57 casi, seguito da marzo con 52.
La media supera di poco le 14 ciclogenesi per anno. Gli anni con minor numero di ciclogenesi sono stati il 1982 e il 1990, quelli con maggior numero il 1980, il 1982, il 1996, il 2002, il 2003 e il 2004.
Il maggior numero di ciclogenesi avvengono in inverno e primavera, oltre il 77%, sono pochissime in estate e non molte in autunno. Nell’inverno meteorologico prevalgono le ciclogenesi per perturbazioni atlantiche. Sono, tuttavia, numerose anche quelle continentali proprie di gennaio e febbraio quando gli anticicloni che si espandono sull’Europa occidentale favoriscono le irruzioni, sui nostri mari, di aria fredda proveniente dai Balcani. In primavera prevalgono le ciclogenesi per sistemi perturbati africani, che convogliano aria calda sull’Italia. In estate le poche ciclogenesi intense sono quasi esclusivamente di tipo atlantico. In autunno, infine, prevalgono nettamente ancora le ciclogenesi associate fronti atlantici.
* Tutte le immagini e i contenuti sono tratti dalla rivista meteorologica dell’Aeronautica Militare.
A cura di Sante Barbano.