Piccolo viaggio nella modellistica meteorologica: cosa sono le parametrizzazioni? Perché si utilizzano e cosa comportano?
La bontà di un modello meteorologico dipende essenzialmente dalla sua risoluzione, ovvero quanto grande è il “box” dentro il quale poter calcolare l’evoluzione delle variabili meteorologiche: più è piccolo questo box più sarà “preciso” il modello ma per questo è necessario avere calcolatori sempre più potenti.
Quando il calcolo non ci arriva la parametrizzazione
Anche se impostiamo una risoluzione nel nostro modello, per esempio 10 km, ci sarà sempre qualche processo che a quella “scala” non sarà possibile risolvere esplicitamente (nel nostro caso un cumulonembo può avere dimensioni anche più basse) e questo vale anche per i modelli del “futuro”, nonostante essi saranno sicuramente più potenti. Di conseguenza è necessario “parametrizzare” questi processi, ovvero farli dipendere matematicamente da funzioni che cercano di rappresentare al meglio la fisica (“the model physics”) che c’è dietro a un determinato fenomeno anche se purtroppo non sempre questo procedimento può bastare e/o essere esauriente per tutti i casi.
La media di Reynolds nei processi a “subgrid-scale”
Molta “fisica atmosferica” è legata all’evoluzione dello stato del vapore acqueo (altrimenti non avremmo idrometeore) e quindi è fondamentale sapere quanto effettivamente ce ne sia nell’aria. Un esempio particolare di parametrizzazione è legato quindi a questo elemento ma non solo: anche la dinamica legata ai flussi è fondamentale perché, insieme all’evaporazione e condensazione, essa porta a processi legati a una scala più piccola di quella relativa al modello, definendo quindi i cosiddetti “subgrid-scale processes”.
Viene da pensare: ma se questi processi avvengono a scale così piccole allora perché non li trascuriamo? Purtroppo senza le parametrizzazioni i modelli cessano di essere realistici a causa di problemi di integrazione in periodi molto brevi, come in uno-due giorni per flussi a grande scala e meno di un’ora in simulazioni relative a temporali e tempeste.
L’idea di Reynolds: facciamo la media!
Nel 1895 Reynolds ebbe l’idea di sviluppare le variabili in termini di media e fluttuazione, inserire questi termini nelle equazioni e quindi effettuare la media, eliminando quindi alcuni termini e rendendo le equazioni finali più facili da calcolare (bisogna sempre fare i conti con ciò che si ha a disposizione quando si considerano i dati di input da dare in “pasto alle equazioni”). Si vengono a “formare” dei termini definiti “eddy fluxes”, ovvero termini legati al trasporto turbolento. Questi termini vengono parametrizzati (perché riguardano appunto scale diverse) mentre gli altri (risolvibili) riguardano la dinamica del modello (“dynamical processes”).
A questo punto il “gioco” sta nel definire in maniera più possibile realistica questi termini da parametrizzare e vi sono varie tecniche (chiusura “zeroth order” o di ordine maggiore, processi di diffusione, aggustamenti al gradiente termico verticale, ecc).
Altri tipi di parametrizzazioni: le SST e l’orografia

Un’immagine relativa ai flussi intorno a un ostacolo montuoso – (fonte CNR)
Purtroppo le parametrizzazioni hanno dei difetti: esse non possono essere riutilizzate in tutte le simulazioni perché, appunto, vengono formulate per determinate situazioni e quindi a seconda della scala (o di ciò che si vuole simulare) possono dare risultati ottimi o pessimi. Quindi ogni buon modellista deve conoscere il più possibile la fisica che vuole utilizzare e se possibile deve poter anche “personalizzarla”.
Oltre ai processi a scala più piccola ci sono anche altri fattori che devono essere “parametrizzati”: due esempi tipici sono le temperature superficiali marine (SST) e l’orografia. Nel primo caso si usa spesso nelle simulazioni delle previsioni meteorologiche tenerle “fisse” a causa del fatto che è difficile che varino significativamente in pochi giorni. Nel secondo caso è necessario tener conto dei blocchi montuosi, spesso a causa delle loro dimensioni molto più grandi della scala considerata.
Insomma parametrizzare un modello o utilizzare una parametrizzazione piuttosto che un’altra è un vero e proprio “lavoro” e non può essere di certo improvvisato.
A cura del Dr. Giancarlo Modugno