Città bloccata e sotto controllo massimo Parigi in occasione della conferenza internazionale sul clima, che prende il via nelle prossime ore.
La questione principale sul “tavolo” della Cop21 è quella, fondamentale, del taglio delle emissioni di gas serra, che acquisisce sempre più importanza soprattutto dopo le recenti rilevazioni che hanno evidenziato nuovi picchi di concentrazione di anidride carbonica in atmosfera.
Nel 2014 le emissioni globali sono aumentate “solo” dello 0,5% totalizzando 35,7 miliardi di tonnellate di CO2. Per il 61% di questo carbonio i colpevoli sono soltanto quattro: Cina (30%), Stati Uniti (15%), Ue (10%) e India (6,5%), che sono anche i Paesi con il peso maggiore al tavolo negoziale della Cop21. L’Unione Europea ha fatto i compiti a casa, e l’anno scorso ha tagliato le sue emissioni del 5,4%. Cina e Usa hanno registrato entrambe un incremento dello 0,9%, inferiore rispetto agli anni precedenti, mentre l’India ha avuto un aumento del 7,8%.
I quattro big dell’inquinamento, insieme ad altri 170 Stati, hanno messo nero su bianco i propri impegni ‘non vincolanti’ per diminuire la CO2. Gli Stati Uniti si impegnano a ridurre le emissioni del 26-28% nel 2025 rispetto ai livelli del 2005. L’Ue vuole ridimensionarle del 40% entro il 2030 rispetto ai livelli del 1990. La Cina punta a raggiungere il picco massimo di emissioni entro il 2030, e a ridurre la CO2 per unità di Prodotto interno lordo del 60-65%. Le promesse dell’India prevedono di abbassare la CO2 legata al Pil del 30-35% nel 2030, e soprattutto di arrivare a produrre il 40% dell’elettricità da fonti non fossili nel giro di 15 anni.
Tra le restanti nazioni, alcune come Etiopia, Messico e Marocco hanno presentato piani ambiziosi; altre come la Russia, il Canada, il Giappone e l’Australia non si sono sprecate troppo. Facendo la somma degli impegni di tutti i Paesi, e assumendo che saranno rispettati, l’aumento della temperatura globale entro il 2100 sarà di 2,7-3 gradi. Troppi. L’obiettivo su cui il mondo converge è limitare l’impennata del termometro a due gradi rispetto ai livelli preindustriali, meglio ancora un grado e mezzo. Se si sfora, sostengono gli scienziati, gli effetti del cambiamento climatico potrebbero essere devastanti.
Un’economia ‘carbon free’ non è certo gratis, per metterla in atto la volontà politica va accompagnata allo stanziamento di risorse. Però i vantaggi, anche economici, superano i costi. Lo ha già detto da tempo la Banca Mondiale: combattere il cambiamento climatico farà crescere il Pil mondiale fino a 2.600 miliardi di dollari all’anno entro il 2030 in termini di nuovi posti di lavoro, aumento dei rendimenti agricoli e benefici di salute pubblica.
Intanto si moltiplicano in questi giorni le iniziative e le manifestazioni a favore di una maggiore tutela del nostro pianeta e di una salvaguardia dello stesso, attraverso politiche idonee.