Scioglimento dell’Artico: uno studio rivela che le immissioni di metano potrebbero apparire in futuro minori del previsto. Uno studio pubblicato su Geophysical Research Letters spiega che, analizzando 30 anni di dati sui rilievi settentrionali dell’Alaska, si possono riscontrare piccoli cambiamenti nelle emissioni a lungo termine di metano dai permafrost. Il permafrost è uno strato ghiacciato e spesso del suolo che circonda il globo nelle aree più fredde continentali e contiene due volte e mezzo la quantità di carbonio che è stata emessa dall’era industriale a oggi; man mano che le regioni con permafrost si riscaldano allora questa materia viene liberata attraverso lo scioglimento dello strato ghiacciato.
Perché studiare i permafrost? L’Artico si sta riscaldando molto più velocemente di altre zone della Terra e pertanto lo scioglimento dei ghiacciai è inevitabile. Secondo gli studiosi, il rilascio di metano è decisamente più dannoso della CO2 di circa 28 volte e, dato che i permafrost ne sono ricchi, questa situazione porterà a inevitabili ripercussioni su una scala di circa 100 anni. Decisamente non così tanti rispetto alla vita dell’uomo (si parla di qualche generazione).
A ogni modo i ricercatori della Cooperative Institute for Research in Environmental Sciences (CIRES) della University of Colorado Boulder sono molto cauti e nelle loro ricerche hanno mostrato sì picchi di metano nel breve termine ma non vi sono evidenze di forti cambiamenti di queste concentrazioni nel lungo termine. Potrebbe quindi apparire una situazione meno allarmante del previsto a questo punto ma i ricercatori stessi puntualizzano che il rilascio di questi gas serra esiste e influenza lo stesso l’andamento climatico oggi; inoltre, la considerazione forse più importante riguarda il fatto che i batteri che producono metano e i batteri che ne consumano saranno decisamente più attivi quando le temperature diventeranno ancora più alte.