Meteo didattica – La definizione di clima, per essere rigorosa, richiede l’uso del concetto di probabilità. Il clima di un una determinata località è dato dalla funzione di distribuzione della probabilità che a un dato istante si osservi un determinato tempo meteorologico. Tuttavia, questa definizione di clima non si può applicare direttamente in quanto non si hanno elementi né teorici né sperimentali che consentano di dire a priori quale sia la probabilità di osservare una data condizione meteorologica in un dato momento in un luogo definito.
Per superare questa impossibilità, l’organizzazione meteorologica mondiale (OMM) indica di calcolare le variabili statistiche del tempo meteorologico su periodi di almeno 30 anni di osservazioni continue giornaliere. In tal modo non si conoscono i valori assoluti della probabilità di ogni tempo atmosferico, ma attraverso la frequenza degli eventi, si potrà dire se un determinato episodio meteorologico in una determinata località sia o non sia eccezionale. Quando si parla di cambiamenti climatici ci si riferisce al mutare dello stato del clima, il quale può essere identificato attraverso i valori medi e la variabilità delle grandezze fisiche e chimiche che lo caratterizzano (temperatura, pressione, umidità, concentrazioni di gas, ecc.) per un periodo di tempo abbastanza lungo.
Meteo didattica – I cambiamenti del clima sono dovuti alla variabilità interne e a forzanti esterne. Tra le forzanti esterne, responsabili della variazione naturale del clima, si prendono in considerazione soprattutto la radiazione solare e i cicli di Milankovic (Bard and Frank, 2006); inoltre, recenti studi, dimostrano come si possano inserire tra queste forzanti le variazioni di irradianza che si hanno tra le fasi di massima e minima attività solare, in quanto esse provocano variazioni nell’intensità della convezione equatoriale (Gleisner, Thejll, 2003), e nei centri di pressione (Haigh 2010).
Tra le forzanti interne vi sono la deriva dei continenti, la variazione della composizione atmosferica per mezzo di eruzioni vulcaniche e le attività umane (immissione di gas serra in atmosfera). Il sistema climatico si presenta complicato da studiare per vari motivi. Innanzitutto, va considerata la sua struttura (Fig. 1), la quale è formata dai seguenti sottosistemi:
- l’atmosfera: è costituita dall’ammasso gassoso che circonda in maniera solidale la Terra; essa viene influenzata in particolare dalla sua composizione e localmente dall’ambiente sottostante; i tempi di risposta a una perturbazione esterna sono relativamente rapidi ed è caratterizzata da una particolare stratificazione verticale della temperatura; è costituita principalmente da ossigeno e azoto, ma il suo comportamento radiativo è regolato soprattutto dalla presenza dei gas serra.
- la criosfera: rappresenta l’insieme di tutti i siti terrestri ricoperti da acqua allo stato solido; questo sottoinsieme climatico è fondamentale per comprendere quanta radiazione solare viene riflessa verso l’esterno e può essere considerata una riserva d’acqua che, se riversata negli oceani, può alterare l’equilibrio climatico attraverso i cambiamenti di salinità e di altezza del livello del mare;
- l’idrosfera: costituisce l’insieme di oceani, mari, fiumi e laghi. L’interazione con l’atmosfera è fondamentale in quanto attraverso l’evaporazione e le precipitazioni avviene il passaggio di materia e lo scambio di energia tra le due strutture; essa ricopre la gran parte della superficie terrestre e la sua forte inerzia termica la rende un enorme distributore di energia;
- labiosfera: è definita in biologia come l’insieme delle zone della Terra in cui le condizioni ambientali permettono lo sviluppo della vita. Di conseguenza essa comprende parte della Criosfera e dell’Idrosfera.
- la litosfera: è costituita dalla parte rocciosa più esterna del pianeta; ricoprirebbe un ruolo trascurabile se non fosse per la funzione di attrito con l’atmosfera e la dispersione di polveri naturali (comprese quelle provenienti dai vulcani), che finiscono per alterare il bilancio radiativo naturale.
Tutti questi sottosistemi naturalmente interagiscono tra loro e spesso si verificano dei veri e propri processi a catena, i quali determinano un coinvolgimento totale del sistema: si parla in questo caso di feedback. Questa capacita del comportamento del sistema di essere dipendente dai suoi stessi parametri può sfociare in due situazioni particolari: parliamo di feedback positivo se il segnale viene amplificato e di feedback negativo se viene attenuato.
Un esempio particolare di come i feedback coinvolgano un po’ tutto il sistema può essere l’aumento del livello del biossido di carbonio (CO2) nell’aria: infatti, l’aumento della concentrazione di questo gas serra determina un mutamento delle caratteristiche del cammino ottico atmosferico e un’alterazione del bilancio radiativo; in tal modo, le temperature tendono ad aumentare e, attraverso l’evaporazione, vi è la presenza di una maggiore concentrazione di vapore acqueo nell’atmosfera. Essendo quest’ultimo anch’esso un gas serra, si manifesta un ulteriore incremento delle temperature (feedback positivo). Una maggiore concentrazione di vapore acqueo aumenta la probabilità di formazioni nuvolose, le quali portano a diversi modi in cui il feedback può manifestarsi a seconda dell’altezza e della tipologia delle stesse; tuttavia, in questo modo le temperature possono diminuire, a causa dell’aumento della riflessione della radiazione per la maggiore copertura nuvolosa (feedback negativo). Con questo esempio, oltre a dimostrare la complessità dei meccanismi che governano il clima terrestre, evidenzia quanto esso sia delicato e quindi influenzabile.