Cresce la preoccupazione per la diffusione del virus della febbre del Nilo in Italia. Nuove segnalazioni di casi di “West Nilè” sono arrivati negli ultimi giorni e nelle ultime ore, in particolare da Milano e dalla Toscana.
Due uomini sono stati ricoverati oggi a Milano e provincia per aver contratto il virus della Febbre del Nilo. Il primo è un uomo di 63 anni, residente a Milano e ricoverato presso il Policlinico. Il caso è comunque in via di risoluzione. A Inveruno (Milano) è stato invece colpito dal virus un 80enne, ora ricoverato a Legnano. Per entrambi si parla di un «quadro clinico neuroinvasivo». Proprio oggi il presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana aveva chiesto ai Comuni più efficaci «azioni di contenimento delle zanzare».
Un altro uomo, molto anziano, (91 anni), residente a Mantova, è stato ricoverato nel Reparto di malattie infettive ed epatologia dell’ospedale San Luca di Lucca per aver contratto il virus West Nile. L’anziano, ricostruisce l’Ausl Toscana Nord Ovest, era arrivato in zona domenica 19 agosto per fare visita ad alcuni parenti e giovedì 23, dopo 2 giorni di febbre, è stato portato al pronto soccorso. I medici dell’ospedale lucchese lo hanno sottoposto a esami che hanno permesso di diagnosticare in maniera certa la patologia. Le sue condizioni sono in lieve miglioramento – come evidenzia il direttore delle Malattie infettive di Lucca, Sauro Luchi – considerata anche l’età avanzata del paziente, che viene comunque tenuto sotto stretta osservazione da parte dell’équipe sanitaria della struttura.
L’Ausl precisa inoltre che «non si tratta di un caso legato in alcun modo al territorio lucchese, che non è infatti una delle zone a rischio: non sono quindi necessarie azioni di contenimento o disinfestazione, che dovranno essere semmai effettuate nell’area da cui proviene la persona, che è invece endemica (come altre località lungo il fiume Po)» per il virus della Febbre del Nilo.
Ecco delle informazioni utili su come si trasmette e sulle caratteristiche del virus della Febbre del Nilo:
Informazioni generali
La febbre West Nile (West Nile Fever) è una malattia provocata dal virus West Nile (West Nile Virus, Wnv), un virus della famiglia dei Flaviviridae isolato per la prima volta nel 1937 in Uganda, appunto nel distretto West Nile (da cui prende il nome). Il virus è diffuso in Africa, Asia occidentale, Europa, Australia e America.
I serbatoi del virus sono gli uccelli selvatici e le zanzare (più frequentemente del tipo Culex), le cui punture sono il principale mezzo di trasmissione all’uomo. Altri mezzi di infezione documentati, anche se molto più rari, sono trapianti di organi, trasfusioni di sangue e la trasmissione madre-feto in gravidanza. La febbre West Nile non si trasmette da persona a persona tramite il contatto con le persone infette. Il virus infetta anche altri mammiferi, soprattutto equini, ma in alcuni casi anche cani, gatti, conigli e altri.
Ovviamente tutti i fattori che favoriscono la proliferazione delle zanzare, come ad esempio le piogge abbondanti, le irrigazioni dei terreni agricoli o condizioni climatiche con temperature alte, determinano un importante aumento del numero dei casi di contagio.
Incubazione e sintomi
Il periodo di incubazione dal momento della puntura della zanzara infetta varia fra 2 e 14 giorni, ma può essere anche di 21 giorni nei soggetti con deficit a carico del sistema immunitario.
La maggior parte delle persone infette non mostra alcun sintomo. Fra i casi sintomatici, circa il 20% presenta sintomi leggeri: febbre, mal di testa, nausea, vomito, linfonodi ingrossati, sfoghi cutanei. Questi sintomi possono durare pochi giorni, in rari casi qualche settimana, e possono variare molto a seconda dell’età della persona. Nei bambini è più frequente una febbre leggera, nei giovani la sintomatologia è caratterizzata da febbre mediamente alta, arrossamento degli occhi, mal di testa e dolori muscolari. Negli anziani e nelle persone debilitate, invece, la sintomatologia può essere più grave.
I sintomi più gravi si presentano in media in meno dell’1% delle persone infette (1 persona su 150), e comprendono febbre alta, forti mal di testa, debolezza muscolare, disorientamento, tremori, disturbi alla vista, torpore, convulsioni, fino alla paralisi e al coma. Alcuni effetti neurologici possono essere permanenti. Nei casi più gravi (circa 1 su mille) il virus può causare un’encefalite letale.
Diagnosi
La diagnosi viene prevalentemente effettuata attraverso test di laboratorio (Elisa o Immunofluorescenza) effettuati su siero e, dove indicato, su fluido cerebrospinale, per la ricerca di anticorpi del tipo IgM. Questi anticorpi possono persistere per periodi anche molto lunghi nei soggetti malati (fino a un anno), pertanto la positività a questi test può indicare anche un’infezione pregressa. I campioni raccolti entro 8 giorni dall’insorgenza dei sintomi potrebbero risultare negativi, pertanto è consigliabile ripetere a distanza di tempo il test di laboratorio prima di escludere la malattia. In alternativa la diagnosi può anche essere effettuata attraverso Pcr o coltura virale su campioni di siero e fluido cerebrospinale.
Prevenzione
Non esiste un vaccino per la febbre West Nile. Attualmente sono allo studio dei vaccini, ma per il momento la prevenzione consiste soprattutto nel ridurre l’esposizione alle punture di zanzare.
Pertanto è consigliabile proteggersi dalle punture ed evitare che le zanzare possano riprodursi facilmente:
- usando repellenti e indossando pantaloni lunghi e camicie a maniche lunghe quando si è all’aperto, soprattutto all’alba e al tramonto
- usando delle zanzariere alle finestre
- svuotando di frequente i vasi di fiori o altri contenitori (per esempio i secchi) con acqua stagnante
- cambiando spesso l’acqua nelle ciotole per gli animali
- tenendo le piscinette per i bambini in posizione verticale quando non sono usate.
Terapia e trattamento
Non esiste una terapia specifica per la febbre West Nile. Nella maggior parte dei casi, i sintomi scompaiono da soli dopo qualche giorno o possono protrarsi per qualche settimana. Nei casi più gravi è invece necessario il ricovero in ospedale, dove i trattamenti somministrati comprendono fluidi intravenosi e respirazione assistita.
Fonte: www.epicentro.iss.it