Secondo un importante studio scientifico realizzato dai ricercatori dell’INGV, pubblicato sulla rivista Scientific Reports, ci sarebbe una sorta di “volume fantasma” al di sotto della faglia del terremoto che nel 2016 ha colpito l’area appenninica del Centro Italia, danneggiando diversi paesi come Amatrice e Norcia.
Grazie all’elaborazione di dati satellitari, il gruppo di studiosi guidato da Christian Bignami è riuscito a calcolare il volume di roccia che si è spostato durante l’intera sequenza sismica, iniziata nell’agosto 2016 e ancora in corso. “Abbiamo visto che il volume di roccia sceso è 7,5 volte maggiore di quello che si è spostato verso l’alto“, spiega. Un risultato che ha fatto sorgere la domanda su dove vada a finire questa massa di crosta in eccesso.
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I ricercatori hanno quindi ipotizzato che possa esserci “un volume fantasma che si trova sotto la roccia che si è abbassata, che viene occupato quando c’è il terremoto. Non uno spazio vuoto, ma migliaia di fratture che creano lo spazio nella roccia, che può essere compresso per accogliere la roccia che si abbassa durante il sisma”, prosegue Bignami.
Secondo il modello elaborato, nella fase che precede il terremoto si vengono gradualmente a formare migliaia di microfratture nel sottosuolo (all’interno della crosta fragile) grazie al processo di estensione lungo la catena appenninica, creando così un volume dilatato che collassa nel momento in cui non riesce più a sostenere il peso delle rocce sovrastanti. In questo modo accoglie il volume in eccesso che si abbassa durante il terremoto, come una fisarmonica che si chiude. Tale scenario, a detta degli esperti, aiuta nel “dare indicazioni sulla magnitudo dei terremoti e le zone da cui possono originare altri sismi importanti”.
“In particolare, grazie a questi dati”, aggiunge il Presidente INGV Carlo Doglioni, “è stato valutato il rapporto tra volume di roccia in subsidenza e volume in sollevamento, gettando nuova luce e conferme sul ruolo della forza di gravità nei terremoti relativi a faglie estensionali. Prossimo obiettivo è la caccia ai volumi crostali in cui lungo l’Appennino vi siano zone dilatate, pronte a generare un futuro evento sismico”.