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Clima: El Nino più frequente ed estremo negli ultimi anni

8 Maggio 2019, ore 11:25

Il fenomeno climatico El Nino, estremamente importante per le dinamiche e gli equilibri climatici del pianeta, è diventato negli anni sempre più frequente nel Pacifico centrale. E’ quanto si apprende da un recente studio australiano. 

El Nino (conosciuto anche con la sigla ENSO) è un fenomeno periodico che provoca un intenso riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico Centro-Meridionale e Orientale. Esso provoca anche inondazioni nelle aree direttamente interessate, ma anche siccità nelle zone più lontane da esso e altre perturbazioni che variano a ogni sua manifestazione. Oltre agli effetti diretti in loco ovvero sul Pacifico, l’ENSO è ritenuto essere la più nota causa di variabilità interannuale delle condizioni meteorologiche e climatiche a scala globale nel mondo. Le conseguenze principali di questo fenomeno si possono riscontrare nell’Oceano Pacifico, Atlantico e Indiano. 

Una ricerca, guidata dalla climatologa Mandy Freund del Csiro, ha evidenziato che la frequenza di El Nino recentemente è quasi triplicata, passando da circa 3,5 ogni 30 anni a 9 nell’ultimo trentennio. Questo però solo nell’area del Pacifico centrale. Nell’area del Pacifico Orientale si manifesta invece in forme più estreme. Uno sviluppo che potrebbe non essere legato solo a una variazione ciclica ma che potrebbe essere un effetto del riscaldamento globale. 

Lo studio dell’ente nazionale australiano, pubblicato su Nature Geoscience, ha identificato l’evoluzione degli eventi analizzando parti interne di materiale corallino e mappando la successione delle sequenze negli ultimi 400 anni. Gli isotopi di ossigeno e i tassi di stronzio e di calcio estratti dai coralli di 24 diverse località hanno infatti permesso ai ricercatori di individuare nel tempo dove e con che potenza El Nino ha colpito anche in regioni remote.

Durante El Nino, i venti alisei si placano o addirittura si invertono portando la siccità nelle regioni del Pacifico Occidentale, fra cui Australia e Indonesia, e pesanti piogge lungo la costa ovest delle Americhe. Poiché riduce negli oceani il tasso di assorbimento di calore dall’atmosfera si registra un’impennata delle temperature di superficie, il che rende il fenomeno il maggiore fattore di influenza di breve termine sui modelli meteo.

Benché lo studio non abbia tentato di identificare un segnale di cambiamento climatico causato dalle attività umane, la maggiore frequenza è “altamente inconsueta in un contesto multisecolare”, scrive un ricercatore. “Diversi altri studi hanno suggerito che questo potrà accadere in futuro a causa del cambiamento climatico”.