Uno studio curato dall’INGV, istituto nazionale di geofisica e vulcanologia italiano, ha portato alla luce nuovi rischi connessi alle faglie dell’Etna. Oltre a generare terremoti anche di forte intensità e fratture del suolo, infatti, le faglie presenti a ridosso dell’Etna emanano radon, un gas cancerogeno che l’Oms valuta tra i più pericolosi per l’uomo.
Dunque, secondo questo studio, pubblicato su ‘Frontiers in Public Health’, ci sarebbe un nuovo pericolo per le abitazioni alle pendici del vulcano, in cui il gas radon può accumularsi e risultare estremamente dannoso per chi ci vive.
Per tre anni sono stati registrati i dati di 12 sensori in 7 edifici sulle pendici meridionali e orientali del vulcano: a Giarre, Zafferana Etnea, Aci Catena, Aci Castello e Paternò. I sensori hanno rilevato concentrazioni medie annue spesso superiori a 100 Bq/m3 (Bequerel per metro cubo), valore di primo livello di attenzione per esposizione media annuale raccomandato dall’Oms.
In alcuni casi, tale concentrazione media è risultata maggiore di 300 Bq/m3, con punte superiori a 1.000 Bq/m3. Ciò avviene in quanto il gas si accumula sotto le pendici del vulcano e si sprigiona poi quando la faglia si apre raggiungendo anche le abitazioni.
Lo studio documenta che la concentrazione è maggiore nella case più vicine alle faglie. Per il potenziale problema alla salute l’Ingv ritiene “opportuno e utile approfondire ed estendere il monitoraggio” a un numero di gran lunga maggiore di case.
Il radon, come noto, è una sostanza che non produce odore, oltre ad essere incolore, per tanto è impossibile per l’uomo captare la sua presenza e capire se si è in pericolo. Questi primi risultati emersi dalle analisi dell’INGV sono abbastanza preoccupanti. I danni legati all’inalazione prolungata di quantità significative di radon sono rappresentati da malattie come i tumori, soprattutto ai polmoni. E’ per questo che l’INGV raccomanda ulteriori e approfonditi esami sul fenomeno.