Nella centrale nucleare di Chernobyl, desolata e inaccessibile ormai dal lontano 1986, la vita non è ancora cessata. A dimostrarlo sono alcune particolari specie di funghi già noti dal 1991 ma studiati in maniera approfondita solo nell’ultimo decennio.
Questi funghi furono individuati dai piccoli robot pilotati a distanza all’interno della centrale nucleare dove ebbe inizio il disastro. In particolare nel rettore nucleare n.4 furono notati funghi neri sulle pareti, in maggior quantità a ridosso delle fonti di radiazione.
Nel 2007 furono effettuati nuovi studi dalla professoressa Ekaterina Dadachova dell’Università di Saskatchewan insieme al suo team: i ricercatori analizzarono in maniera molto approfondita tre tipi di funghi prelevati dalla centrale nucleare di Chernobyl, ovvero esemplari di Cladosporium sphaerospermum, Cryptococcus neoformans e Wangiella dermatitidi.
Tutte le specie analizzate mostravano una particolarità comune: crescevano e traevano energia da ambienti ricchi di radiazioni.
Le tre specie di funghi possiedono importanti quantità di melanina, la stessa sostanza presente nella nostra pelle che ci protegge dalle radiazioni solari. Essa è in grado di assorbire la luce e dissipare le radiazioni ultraviolette. La melanina presente nei funghi neri è in grado di assorbire le radiazioni nucleari e convertirle in energia chimica utile alla crescita. Un processo simile alla fotosintesi delle piante, ma con una fonte energetica diversa.
I funghi presenti nel reattore di Chernobyl sono al momento le uniche specie viventi in grado di sopportare e addirittura vivere grazie alle radiazioni.