Coronavirus: il picco in Italia è già stato raggiunto ma decrescita molto lenta. Come mai?

by Raffaele Laricchia
30 Marzo 2020 - 19:36

Picco dell’epidemia raggiunto oppure no? C’è molta confusione ultimamente sui social e in TV, tra giornalisti e anche le stesse autorità sul picco della diffusione del coronavirus Covid-19 in Italia. Dati alla mano, tuttavia, pare proprio che il picco sia passato già da diversi giorni ma a causa di vari motivi che vedremo più avanti la decrescita è molto lenta. L’impressione al momento è proprio quella di un “picco prolungato” capace di generare sconforto tra la popolazione e anche qualche dubbio sull’utilità della quarantena.

Tuttavia è necessario che tutti comprendano che le restrizioni adottate siano state estremamente necessarie proprio per frenare il picco, che altrimenti sarebbe cresciuto in maniera incontrollata con tutte le conseguenze del caso.

Ma quando è stato raggiunto il picco?

L’epidemia ha raggiunto l’apice in prossimità del 20 marzo sia sul fronte dei nuovi casi di contagio e sia su quello dei ricoveri ospedalieri: proprio quest’ultimo dato pare non riceva le giuste attenzioni e solo nella conferenza stampa della protezione civile del 29 marzo è stato fatto notare quanto importante sia il calo progressivo dei ricoveri.
Volendo imbatterci in qualche calcolo, emerge come da quasi dieci giorni l’epidemia del coronavirus sta vivendo una fase di costante calo, purtroppo oscurato dai numeri drammatici che giornalmente riceviamo dai bollettini ufficiali. Il superamento delle diecimila vittime ha ulteriormente messo in risalto questa percezione disfattista dell’andamento epidemico, ma fortunatamente i numeri e la matematica ci vengono in supporto nel farci capire come il “peggio” sia ormai passato.

Picco dei ricoveri

Il massimo dei ricoveri in terapia intensiva è stato raggiunto tra il 19 e il 20 marzo, mentre il picco dei ricoveri con sintomi non gravi tra il 21 e il 22 marzo. Entrambi i picchi sono ben visibili nei grafici sotto riportati e realizzati Raffaele Laricchia di inmeteo.net. I grafici tengono conto dei ricoveri giornalieri avvenuti nel mese di marzo sino a domenica 29: la linea rossa, ovvero la curva di fitting, è stata ottenuta interpolando i numeri dei ricoveri giornalieri al fine di “eliminare” valori estremi o fuori scala, i quali sebbene presenti possono rientrare nelle oscillazioni statistiche.
Ne vien fuori un andamento più lineare in grado di evidenziare il picco e la successiva fase discendente, la quale diventa sempre più netta sul finire di marzo. Nel grafico sono evidenziati anche alcuni dei momenti più significativi del mese come l’emanazione del primo decreto restrittivo e i vari esodi da nord a sud, i quali hanno senza dubbio allungato i tempi di ripresa. Ciononostante, il picco dei ricoveri arriva a 10 giorni di distanza dal primo esodo di massa, in linea coi tempi medi di incubazione del patogeno.
Ricordiamo, inoltre, che l’analisi effettuata è su scala nazionale e pertanto non tiene conto dell’andamento epidemico regione per regione: stiamo assumendo, infatti, che le regioni del nord abbiano dato un contributo dominante nei grafici, mentre il contributo delle regioni del centro-sud è marginale ma comunque in grado di “allargare” la curva su scala nazionale.

In alto: andamento dei ricoveri lievi. Picco raggiunto tra 21 e 22 marzo. In basso: andamento dei ricoveri in terapia intensiva. Picco raggiunto tra 19 e 20 marzo

Picco dei tamponi positivi

Anche analizzando i dati sui nuovi casi positivi emerge come il picco sia avvenuto intorno al 18-20 marzo. Il grafico mostra l’andamento delle percentuali dei casi positivi sul totale dei tamponi giornalieri nel corso del mese di marzo (sino a domenica 29). Il numero di casi positivi giornalieri dipende dal numero totale di tamponi eseguiti e per questo rappresenta un dato poco affidabile anche alla base del numero reale di contagiati che potrebbe superare le 500 mila unità, come dichiarato dal capo della protezione civile Borrelli. Ad esempio, all’aumento del numero di tamponi eseguiti nella regione Lombardia, che contribuisce in modo massiccio alle statistiche nazionali, è corrisposto un aumento nel numero di nuovi casi positivi. Quindi l’attenzione dovrebbe focalizzarsi sulla percentuale relativa di casi positivi sul totale di tamponi eseguiti e non sul numero totale giornaliero di casi positivi. Ed in effetti in questo caso la curva di fitting mostra una fase discendente piuttosto pronunciata nell’ultima decade di marzo. Il picco che vien fuori è abbastanza prolungato ed è da attribuire in gran parte alle regioni del nord, mentre il calo molto lento dei giorni successivi è ostacolato dai picchi più blandi provenienti dal centro-sud, i quali presumibilmente potrebbero essersi concretizzati tra 20 e 27 marzo (assumendo un periodo di incubazione massimo di 2 settimane e calcolando i tempi a partire dai vari grandi esodi). E’ da notare che la seguente analisi non è basata sull’ausilio di modelli statistici accurati e le curve di fitting devono essere considerate come una guida per gli occhi per evidenziare il comportamento delle curve epidemiche analizzate.

Andamento dei tamponi positivi giornalieri, rapportati al totale dei tamponi effettuati, durante il mese di marzo. Evidente il calo dopo il picco del 20.

In poche parole, i nuovi contagi sono sempre meno giorno dopo giorno e allo stesso tempo calano in maniera progressiva anche i ricoveri ospedalieri (anche quelli intensivi). Tutto questo è possibile solo grazie alle pesanti restrizioni adottate dal governo, ma in questo caso sorge spontanea la domanda: come mai l’epidemia non si arresta rapidamente grazie alla quarantena?

Purtroppo ci sono vari fattori da considerare, i quali nella loro totalità sono in grado di influire pesantemente sull’allungamento dei tempi dell’epidemia:
il contagio di coloro che interagiscono quotidianamente con persone infette (prevalentemente infermieri, medici).
il contagio in famiglia, soprattutto per coloro che tra l’8 e il 20 marzo si sono mossi verso i propri cari nonostante le restrizioni e i divieti imposti.
il contagio sui posti di lavoro all’interno delle attività ancora aperte. Purtroppo le misure di sicurezza non sono rispettate a pieno in molte fabbriche, come da testimonianza di molti operai.
il contagio fra coloro che si recano al supermercato, non rispettando le norme di sicurezza e quelle igenico-sanitarie (come lavare prontamente le mani o sanificato buste e contenitori).
il contagio fra coloro che continuano imperterriti a passeggiare per strada, incontrando amici o facendo visita ai parenti.

Questi fattori purtroppo influiscono sull’andamento dell’epidemia, tanto da generare un “picco prolungato” e una decrescita molto lenta, ma comunque presente e sempre più marcata.

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