Fa discutere la dichiarazione rilasciata nella giornata di ieri da Alberto Zangrillo, direttore della terapia intensiva dell’ospedale San Raffaele di Milano, durante la trasmissione “Mezz’ora in più su Raitre”.
Zangrillo ha affermato che il coronavirus non esiste praticamente più, almeno dal punto di vista clinico. Parole che hanno generato subito dissenso e polemiche soprattutto sui social, con dure dichiarazioni di risposta arrivate anche dal Consiglio superiore di sanità.
Il professore Alberto Zangrillo ha parlato così: «Oggi è il 31 maggio e circa un mese fa sentivamo epidemiologi temere per la fine del mese e inizio giugno una nuova ondata e chissà quanti posti di terapia intensiva da occupare. In realtà il virus dal punto di vista clinico non esiste più. Questo lo dice l’università Vita e Salute San Raffaele, lo dice uno studio fatto dal virologo direttore dell’Istituto di virologia, il professore Clementi, lo dice il professor Silvestri della Emory University di Atlanta».
«Lo dico consapevole del dramma che hanno vissuto i pazienti che non ce l’hanno fatta – ha aggiunto Zangrillo – non si può continuare a portare l’attenzione in modo ridicolo come sta facendo la Grecia sulla base di un terreno di ridicolaggine, che è quello che abbiamo impostato a livello di comitato scientifico nazionale e non solo, dando la parola non ai clinici e non ai virologi veri. Il virus dal punto di vista clinico non esiste più. Ci metto la firma. I tamponi eseguiti negli ultimi 10 giorni hanno una carica virale, dal punto di vista quantitativo, assolutamente infinitesimale rispetto a quelli eseguiti uno o due mesi fa».
Non ha tardato, come detto, la risposta del Consiglio superiro della sanità, con le parole del presidente e componente del comitato tecnico scientifico Franco Locatelli: «Non posso che esprimere grande sorpresa e assoluto sconcerto per le dichiarazioni rese dal Professor Zangrillo con frasi quali il ‘virus clinicamente non esiste più’ e che ‘Terrorizzare il Paese è qualcosa di cui qualcuno si deve prendere la responsabilità’».
«Basta guardare al numero di nuovi casi confermati ogni giorno per avere dimostrazione della persistente circolazione in Italia del virus. Aver incrementato di molto i posti di terapia intensiva è un merito enorme del sistema sanitario nazionale, poiché ha permesso di offrire una risposta clinica a tanti malati che altrimenti non avrebbero potuto essere adeguatamente curati. Inoltre – afferma Locatelli – questi posti rimarranno disponibili per chi in futuro ne avrà bisogno anche per situazioni cliniche diverse da COVID-19. Dovremmo tutti rallegrarci che le misure di lock-down abbiano prodotto gli effetti sperati contenendo la diffusione epidemica con risparmio di tante vite umane e questo risultato inconfutabile deve spingere a continuare sul percorso della responsabilità dei comportamenti individuali, da non disincentivare attraverso dichiarazioni pericolose che dimenticano il dramma vissuto in questo Paese».
«È altrettanto chiaro, anche a occhi non esperti – conclude – che la gestione clinica dei malati è certamente oggi facilitata dal minor numero di casi rispetto a quelli osservati nei giorni di picco e da quanto si è imparato in questi mesi. Questi sono i fatti concreti, il resto opinioni personali».
Anche lo pneumologo Luca Richeldi, componente del Comitato tecnico scientifico, ha palesato il suo sconcerto dopo le dichiarazioni di Zangrillo: «il virus circola ancora ed è sbagliato dare messaggi fuorvianti che non invitano alla prudenza. È indubitabilmente vero e rassicurante il fatto che la pressione sugli ospedali si sia drasticamente ridotta nelle ultime settimane. Non va però dimenticato che questo è il risultato delle altrettanto drastiche misure di contenimento della circolazione virale adottate nel nostro Paese».
«Peraltro – afferma Richeldi – è bene ricordare che la circolazione virale è un processo dinamico, per cui la gradualità e la cautela nella ripresa delle attività economiche e sociali devono rimanere la nostra priorità. Soprattutto alla luce delle riaperture del 3 giugno».
A cura di Francesco Ladisa
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