Una grossa voragine si è aperta improvvisamente in Russia, in una regione desolata della tundra siberiana. Il cratere sarebbe profondo almeno 50 metri e la sua formazione è molto probabilmente legata allo scoppio di una sacca di gas naturale nel sottosuolo.
Il fenomeno è ormai noto, anche se ancora in fase di studio: negli ultimi anni, in particolare dal 2014 in poi, sono stati osservati almeno quattro casi simili, riconducibili verosimilmente alla stessa causa. Per fortuna le aree interessate sono completamente disabitate e quindi non si producono danni a cose o persone.
Queste voragini sono, secondo la teoria più accreditata, il risultato del riscaldamento climatico eccessivo. L’aumento delle temperature fa sciogliere il permafrost, il terreno perennemente gelato che si è formato al termine dell’ultima glaciazione. Il permafrost contiene una percentuale considerevole di materia organica che, una volta scongelata, è attaccata da microrganismi che favoriscono la formazione di metano e altri gas naturali, che vanno ad aggiungersi a quelli che sono rimasti intrappolati e gelati da decine di migliaia di anni. La bolla di gas sotterranea, però, a causa dell’alta pressione interna a un certo punto può esplodere e formare così un cratere profondo.
Un recente studio ha stimato in circa 1.500 miliardi di tonnellate il carbonio contenuto nel permafrost artico di cui la metà potrebbe essere rilasciato entro la fine di questo secolo.

I giornalisti hanno individuato il cratere a luglio durante un una missione nella penisola di Yamal e hanno pubblicato il filmato questa settimana.