Un disastro ambientale è in atto in Israele, dove negli ultimi giorni una marea nera sospinta da onde elevate ha raggiunto le coste mediterranee. Tracce di inquinamento sono state rilevati in un’area molto ampia, lungo il litorale che va dal confine col Libano a quello con Gaza, circa 180 chilometri complessivi.
Dopo un sopralluogo del premier Benyamin Netanyahu, il governo ha proclamato la chiusura fino a nuovo ordine di tutta la costa di Israele. Vietata la balneazione e praticare campeggio e sport a ridosso della costa.
Migliaia di volontari si sono mobilitati per ripulire almeno le spiagge da quantità di catrame. Ma questo è solo una parte del problema. Grande preoccupazione desta la sorte dei fondali marini, dei pesci e degli organismi che vi si trovano. Secondo una studiosa dell’Università di Haifa, Ilana Berman, l’esperienza del Messico insegna che dopo incidenti di tale portata anche molti anni di sforzi non bastano a recupere lo status quo.
Secondo il professor Colin Price, a capo del dipartimento di Studi ambientali dell’Università di Tel Aviv, c’è una grande quantità di catrame che con ogni probabilità è penetrato sotto gli scogli, danneggiando il fondale marino e gli organismi che vi si trovano. L’esame dei danni potrà essere ultimato solo con l’attenuarsi dell’alta marea che sembra destinata a protrarsi ancora per qualche giorno con una nuova ondata di maltempo in arrivo.
Secondo gli esperti potrebbe trattarsi del peggiore disastro ecologico degli ultimi decenni. Le cause della catastrofe ambientale sono riconducibili alla fuoriuscita di greggio da una o più petroliere in navigazione al largo del Mediterraneo, a circa 50 km di distanza dalla terraferma. Una settimana fa, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Marittima aveva identificato una grande macchia sospetta, e in base a questa segnalazione il ministero dell’Ambiente sta controllando una decina di navi che hanno transitato nell’area circoscritta.
A cura di Francesco Ladisa
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